Dopo una notte passata in carcere il pastore battista Evan Mawarire, leader del movimento di protesta nonviolenta #ThisFlag contro il regime di Rober Mugabe, che era stato arrestato il 12 luglio con l’accusa di incitamento alla violenza pubblica, è stato rilasciato.
Quando il pastore, avvolto nella bandiera Zimbabwiana divenuta simbolo delle proteste sociali antigovernative, è comparso il 13 luglio in tribunale per rispondere dell’accusa di tentato colpo di stato – un’incriminazione diversa da quella contestatagli al momento dell’arresto – la corte ha stabilito che cambiare l’accusa era incostituzionale e Mawarire ha lasciato il carcere.
Tornato in libertà, il pastore ha invitato i suoi connazionali a continuare a protestare pacificamente e a scioperare contro il governo di Mugabe che sta affamando il paese.
Le proteste anti-governative in Zimbabwe non accennano a diminuire, e i responsabili di nove chiese cristiane di diversa denominazione hanno rilasciato mercoledì 13 luglio una dichiarazione nella quale si dicono «preoccupati e allarmati dagli eventi che si svolgono nel nostro amato paese, colpito dalla crisi politica, sociale ed economica, che ha causato innumerevoli sofferenze alla popolazione e la conseguente agitazione civile risultante». I leader sono allarmati in oltre dagli atti di violenza che stanno avvenendo in diverse parti del paese e dall’insensibilità dei leader politici alle richieste avanzate dalla popolazione.
In particolare la dichiarazione condanna la «evidente violazione della Costituzione dello Zimbabwe» perpetrata dalle forze di polizia e dal governo. «Siamo preoccupati dei conflitti interni ai partiti che distolgono il governo dall’affrontare le questioni economiche e sociali reali che stanno interessando il Paese», affermano i leader religiosi.
«Siamo ispirati dalla nostra chiamata e dal mandato datoci dal nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo a dichiarare profeticamente la Parola di Dio e a lavorare per il bene comune delle nostre comunità».
Citando i testi biblici tratti dai profeti Isaia (58, 6) e Amos (5, 24), la dichiarazione prosegue: «Chiediamo al nostro Governo di ascoltare la voce dei cittadini le cui grida e le sofferenze sono forti e chiare. C’è bisogno di agire con giustizia e misericordia in favore dei poveri e degli svantaggiati della nostra nazione».
La dichiarazione poi incoraggia i cittadini a protestare pacificamente, e sollecita la polizia e le forze dell’ordine a proteggere i cittadini «invece di brutalizzarli».
Dal momento che i cittadini hanno perso la fiducia nel governo è urgente istituire un dialogo nazionale tra il governo e i diversi attori nazionali, allo scopo di trovare una soluzione duratura «piuttosto che ignorare e politicizzare le proteste genuine della gente o demonizzare e colpire la Chiesa e i suoi leader». Qui la dichiarazione fa chiaro riferimento all’arresto di leader religiosi, in particolare di coloro che si sono espressi pubblicamente «a favore delle persone senza potere», come il pastore Evan Mawarire.
È necessario dare ascolto alle proteste pacifiche altrimenti le tensioni potrebbero degenerare in una guerra civile.
La dichiarazione si chiude con l’invito alla Chiesa di continuare a pregare e a parlare profeticamente contro qualsiasi sistema ingiusto. «Lo Zimbabwe che vogliamo è una nazione che rispetta i diritti di tutti i cittadini a prescindere dal credo, sesso, età, razza ed etnia; una nazione dove tutti i cittadini godono di eguale tutela da parte della legge; una nazione timorata di Dio che dimostra l’amore per la giustizia, la pace e l’amore per il prossimo. Che Dio conceda agli Zimbabwiani, il coraggio, la fede e la speranza per affrontare queste sfide».
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