“DOV’È IL TUO TESORO, LÌ SARÀ IL TUO CUORE”
(MATTEO 6:19-24)
“L’isola del Tesoro”(The Treasure Island) è uno dei romanzi più avvincenti per ragazzi di tutti i tempi. Scritto dal romanziere scozzese Robert Louis Stevenson, narra la storia di un gruppo di pirati che, lasciato il porto inglese di Bristol, si avventurano in pericoloso viaggio verso un’isola remota del Mar dei Caraibi alla ricerca di un favoloso tesoro appartenente al pirata Bill Bones. Il romanzo è spesso letto come un’allegoria morale, in cui è insegnata la frustrazione e la futilità della ricerca delle ricchezze derivante dalla bramosia e avidità umane. Il romanzo ci richiama anche per quanto riguarda la parola “tesoro” e il suo insegnamento etico a un’espressione di Gesù: “Non vi affannate ad accumulare tesori sulla terra, dove la tignola e la ruggine consumano, dove i ladri scassinano e rubano. Accumulatevi invece tesori in cielo, dove tignola e ruggine non consumano né ladri scassinano e rubano. Infatti, dove è il tuo tesoro, lì sarà pure il tuo cuore…”. Questo testo costituisce la terza parte del corpo centrale del discorso della montagna, dopo l’illustrazione della “giustizia superiore” richiesta al discepolo con le sei antitesi (Mt 5:17-48) e dopo l’insegnamento sull’autentica religiosità (Mt 6:1-18). Si tratta di una serie di detti del Signore, relativi al distacco dai beni terreni (19-24) e al completo abbandono all’azione provvidenziale del Signore che esige dal credente la ricerca del Regno di Dio e la sua giustizia. (Mt 6:25-34) In questo testo Gesù mette in discussione il sistema dei valori dei “Gentili”, cioè di chi vive immerso nel secolarismo, ponendolo al centro della loro vita. Gesù pone le alternative: vi sono due tesori (uno celeste e l’altro terreno [19-21]), due condizioni del corpo (luce e tenebre [22-23]), due padroni (Dio e Mammona [24]). I credenti non possono contare su due punti di appoggio. In che modo il cristiano è chiamato a scegliere? Le ambizioni del mondo esercitano un forte fascino sul cristiano, che è il fascino disincantato del materialismo. In questo testo Gesù attua nel credente una volontà ferrea a fare una scelta radicale. In che modo? Inducendo il credente a considerare ciò che è soggetto alla relatività del tempo e ciò che è soggetto alla durevolezza che oltrepassa il relativismo temporale. Il tema in questione è la ricerca della ricchezza. Gesù dirige la nostra attenzione sulla durevolezza dei due tesori posti in paragone. Quello terreno è soggetto al deterioramento e alla corruzione, nonché è oggetto dell’avidità dei ladri che si ingegnano a rubarlo. Quello celeste è incorruttibile e sicuro, non è soggetto ai tentativi dei ladri di impadronirsene. E’ d’obbligo a questo punto porsi una domanda chiara? Cosa Gesù sta proibendo quando egli dice che non bisogna accumulare tesori per noi stessi sulla terra? Forse ci aiuta a considerare ciò che Gesù non sta proibendo. In primo luogo, Gesù non vieta la ricchezza in se stessa. In nessuna parte la Scrittura proibisce la proprietà privata. In secondo luogo, “il risparmio per i giorni piovosi” non è proibito ai cristiani. Al contrario, la Scrittura loda la formica che accumula il cibo in estate perché richiederà esso in inverno, dichiarando che il credente che non provvede per se stesso e per la sua famiglia compie un gravissimo errore. (Prova 6: 6; 1^ Tim. 5:8) In terzo luogo, non bisogna disprezzare, ma piuttosto gioire per le buone cose che il nostro Creatore ci ha dato. Quello che Gesù proibisce ai suoi seguaci è l’accumulo egoistico dei beni, il modo di vivere dispendioso e sfarzoso, l’insensibilità per la necessità della gente appartenente alle fasce più deboli, la fantasia sciocca di considerare che la vita per essere pienamente vissuta deve essere all’insegna dell’abbondanza delle sue proprietà: in una parola, è il gretto materialismo che lega il cuore umano alla terra. Gesù nei suoi detti ripetutamente parla del cuore, dichiarando se esso segue il nostro tesoro, se esso è terreno o celeste. In altre parole, è l’avidità e la bramosia umane, che produce il desiderio incontenibile di accumulare tesori in terra: da questa trappola Gesù vuole mettere in guardia il credente. Per quando riguarda l’incorruttibilità del tesoro celeste, a che cosa fa riferimento Gesù? Certamente, Gesù non sta parlando dei cosiddetti “tesori di merito” o sta insegnando una dottrina di merito. Piuttosto sta riferendo quando segue: sviluppare il carattere di Cristo, quello che possiamo portare con noi nella vita metatemporale: è noi stessi, lo sviluppo della fede, della speranza e della carità, sviluppare la conoscenza di Cristo, il quale vedremo a faccia a faccia nel giorno di Dio, il nostro impegno indefesso con la preghiera e la testimonianza a introdurre altri nel Regno: l’uso del denaro per la causa cristiana, che è il solo investimento, le cui quote sono per sempre. Tutte queste sono azioni temporali con conseguenze eterne. Questo “è il tesoro nei Cieli” sottratto alla corruttibilità del tempo. L’atteggiamento che il credente assume nei confronti del denaro ha ripercussioni sulla sua condizione personale: egli, a seconda della scelta, sarà una persona illuminata dalla luce o una persona in preda al buio più totale. Gesù, affermando che l’occhio è la luce del corpo, non sta usando un linguaggio letterale, ma figurato o metaforico. Come il corpo quasi in ogni cosa dipende dalla nostra abilità di vedere, una persona priva dell’organo sensoriale della vista vive nel buio (sebbene in alcuni casi, le persone cieche vedano meglio di quelle persone dotate del meraviglioso organo della vista): egli non può correre, non può guidare, non può saltare, non può attraversare la strada, non può scrivere con i caratteri convenzionali né leggere, non può ammirare le bellezze della natura, distinguere i colori. La grande differenza tra la luce e il buio del corpo è dovuta a questo piccolo, prezioso organo, che è l’occhio. Metaforicamente, nella Scrittura l’occhio è l’equivalente del cuore, cioè porre il cuore e fissare gli occhi su qualcosa sono sinonimi. E’ rilevante in questo testo che Gesù passi dall’importanza dell’avere il nostro cuore al giusto posto all’importanza di avere i nostri occhi in salute: come il nostro occhio interessa il nostro corpo, così la nostra ambizione (dove noi fissiamo i nostri occhi e il cuore) interessa la nostra vita; come l’occhio che vede dà luce al corpo, così la nobile e determinata ambizione a servire Dio e l’uomo aggiunge significato alla vita e porta luce su ogni cosa che noi facciamo. Di nuovo, come la cecità fa sprofondare l’uomo nel buio più completo, così un’ignobile ed egoista ambizione ci fa sprofondare nel buio morale: l’uomo è intollerante, inumano, spietato e crudele.
Seguendo il testo, Gesù evidenzia che dietro la scelta dei due tesori e le due visioni si nasconde quella che li determina, ossia la scelta tra due Signori, che il credente sta servendo: è la scelta tra il Dio Mammona, che è in ultima analisi la scelta tra il Dio vivente e un altro oggetto della nostra creazione che noi definiamo “denaro”. (Mammona è la traslitterazione di una parola aramaica, che è l’equivalente della nostra parola “ricchezza”) E’ tragico costatare che diversi credenti o supposti credenti pensino di adorare Dio la domenica, andando ai culti domenicali e durante la settimana servono Mammona, o adorano Dio con le loro labbra e Mammona con il loro cuore, o Dio in apparenza e Mammona nella realtà. E’ questo popolare, diabolico compromesso che Gesù risolutamente esige che non abbia diritto di cittadinanza nella vita del credente, perché il Signore della Bibbia rivendica la Sua assoluta unicità ed esclusiva: “Io Sono il Signore, tuo Dio che ti ho fatto uscire dal paese dell’Egitto, dalla condizione di schiavitù; non avrai altri dei al di fuori di me. Non ti fare alcun idolo né immagine alcuna… (Esodo 20:2-4a).
Cercando di condividere Dio con altre realtà è idolatria. Ecco, che la Parola del Signore ci raggiunge e ci interpella: Qual è il tesoro per il quale noi abbiamo posto tutta l’intera affezione del nostro cuore?”.
Paolo Brancè | Notiziecristiane.com
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