Ci capita spesso di parlare degli effetti collaterali causati dall’abuso di televisione, videogiochi e dispositivi digitali. Esistono precise linee guida pediatriche al riguardo e il problema non andrebbe sottovalutato da mamme e papà.
Però, c’è un altro fatto che merita altrettanta attenzione: il motivo profondo che ha condotto a quell’abuso. Come ogni abuso, nasce da una condizione di disagio e questa è facile da individuare. I nostri ragazzi non sono più liberi di giocare. Se li lasciassimo liberi di scegliere, sei giorni su sette sceglierebbero di andare al parco con gli amici, oppure andrebbero nell’oratorio del quartiere. Purtroppo, in troppi quartieri non esistono più luoghi di aggregazione giovanile. D’altra parte, anche le famiglie sono sempre più diffidenti e preferiscono che i ragazzi, dopo la scuola, stiano al sicuro tra le mura di casa (con le fortunate eccezioni, s’intende: non ci piace generalizzare).
“Gli amministratori delle nostre città non sembrano aver capito – e con loro nemmeno molti cittadini, nemmeno la Chiesa – il grande vuoto che negli ultimi decenni è calato attorno e dentro ai ragazzi. Nessuno sembra essere stato capace di sostituire i luoghi della nostra infanzia con altri spazi più aperti a tutti. Gratuiti, intelligenti, accoglienti, colti, divertenti: educativi.
Il problema dunque non è ritenere la televisione più o meno responsabile per ogni danno perpetrato sui giovani, quanto piuttosto offrire alternative reali ai nostri figli“.
Paolo Crepet
La prima azione educativa a cui siamo chiamati, in questo scenario, è una presa di coscienza civile: dobbiamo capire l’importanza degli spazi di aggregazione giovanile e batterci perché siano ampliati, estesi a ogni quartiere e ad ogni isolato.
Paradossalmente, dovremmo investire il denaro che utilizziamo per comprare tanti giochi perfettamente inutili per riprendere possesso degli spazi per l’infanzia e per sistemarli adeguatamente. Immaginate un gruppo di qualche centinaio di genitori che si mette in azione per ripristinare un parchetto.
Le possibilità non ci mancano: quello che serve è la volontà di ricostruire l’infanzia che abbiamo distrutto nell’ultimo quarto di secolo.
FONTI
P. Crepet, La gioia di educare, Einaudi, 2015
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