RESISTENZA CURDA, ORA E SEMPRE?

Mentre le pressioni di Erdogan influenzano l’agire politico sia della Svezia che dell’Iraq, in Rojava le milizie filo turche incendiano i raccolti. Curdi quindi sempre sotto tiro, ma anche sempre indomiti. Per quanto “senza altri amici che le Montagne”.

Curdi sempre all’ordine del giorno. Anche se talvolta – penso – ne farebbero anche a meno.
Nell’indifferenza (eufemismo) di cancellerie e media (in buona parte almeno) occidentali che proprio non sembrano vedere, rendersi conto del dramma che si va compiendo ai danni di questo popolo coraggioso.

Non dico di fornire gli F16 alle YPG, ma almeno un po’ di informazione (se non è chiedere troppo).

D’altra parte, di questi tempi poi, nessuno sembra voler mettersi a discutere con Erdogan & C.

Ma i curdi resistono e con loro anche qualche residua minoranza non omologata, ancora solidale e internazionalista.

A Stoccolma domenica pomeriggio si è svolta una manifestazione, a cui hanno preso parte centinaia di persone, indetta per dire “NO alla Nato e alle leggi di Erdogan in Svezia”. Ossia contro l’inasprimento legislativo (entrato in vigore da circa una settimana), sostanzialmente un modo per assecondare le richieste del neoeletto presidente turco Recep Tayyip Erdoğan.
E con cui si finirà per far pagare ai curdi (sia con la repressione, sia con le estradizioni) l’entrata della Svezia nell’Alleanza atlantica.

Tra gli organizzatori, la rete “Alleanza contro la Nato” (NEJ TILL NATO), varie organizzazioni curde, movimenti di sinistra (anarchici, comunisti, femministe…) e per la giustizia climatica. Oltre a qualche organizzazione per la difesa dei Diritti umani, da segnalare la presenza di alcuni intellettuali e di esponenti politici.

Con le nuove norme vengono inasprite le pene per la partecipazione, la promozione e il sostegno a quella che viene considerata un’organizzazione terrorista (sostanzialmente il PKK, ma la legislazione finirebbe per colpire anche dissidenti e oppositori politici), sia in patria che all’estero. Con pene previste fino a cinque anni.

Per Erdogan finora la Svezia avrebbe offerto asilo a quelli che in Turchia vengono considerati “terroristi”, sia membri del PKK (veri o presunti), sia esponenti dell’opposizione politica curda. Da ciò il suo veto all’ingresso della Svezia nella Nato (come il Paese scandinavo aveva chiesto ancora l’anno scorso).

Intanto, sembra si stia allentando l’assedio dei militari iracheni al campo per rifugiati di Makhmour (Kurdistan entro i confini iracheni). Stando alle dichiarazioni di Yusuf Kara, copresidente dell’Assemblea del campo il ritiro sarebbe già stato completato.
Dopo 16 giorni di assedio e altrettanti di resistenza popolare e grazie agli accordi presi congiuntamente nei negoziati che si sono svolti a Bagdad.

Qualcosa del genere era già accaduto nel 2021 (con chiusura degli accessi e barriere di filo spinato intorno al campo), quando Barzani (PDK) aveva sottostato al volere di Ankara. Così  allora come in questi giorni, il fine nemmeno tanto celato sarebbe quello di costringere gli abitanti del campo all’evacuazione. Nonostante non si siano resi responsabili di nessuna violazione della legge irachena.

Intanto in Rojava, ancora una volta e non casualmente nella stagione del raccolto, diversi incendi dolosi sono scoppiati nei campi dove il grano è ormai maturo.
Da manuale: incendiare i raccolti – così come “avvelenare i pozzi” – rientra  nei metodi delle “guerre a bassa intensità”. In Rojava, relativamente bassa comunque.
In genere la Turchia ricorre al bombardamento con cannoni e mortai, oppure al sabotaggio per mano di incendiari prezzolati che appiccano il fuoco. Alcuni sono anche stati catturati dalle forze di sicurezza curde e – oltre a telefoni e carte SIM fornite direttamente da una rete turca – erano in possesso anche delle coordinate delle principali fattorie.

Ovviamente quella che viene messa in serio pericolo è la sicurezza alimentare delle popolazioni locali. Un ulteriore tentativo per costringerle ad andarsene, a trasformarsi in sfollati, profughi

Gianni Sartori.


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