Era stato chiamato «Trojan Horse» il tentativo, attuato un paio d’anni fa, d’islamizzare alcune scuole statali di Birmigham, in Inghilterra. Si pensava fosse fallito. Ma la cronaca di questi giorni ci rivela che probabilmente le cose non sono andate in questo modo…
Proprio in uno degli istituti coinvolti, infatti, agli alunni è stato mostrato un video di propaganda jihadista con slogan estremistici di inaudita violenza: è del tutto inaccettabile che sia stato mostrato a dei giovani, come ha rilevato il quotidiano The Indipendent, che ha subito dato notizia di quanto accaduto. E che non sarebbe mai dovuto accadere. Ma non è stato, questo, l’unico caso: sono stati anche intonati canti anticristiani, gli alunni sono stati vivamente incoraggiati ad intonare preghiere musulmane, si sono registrati anche «problemi di segregazione».
A far scattare l’allarme sono state alcune segnalazioni anonime pervenute alle forze dell’ordine: denunciavano di nuovo l’ennesimo, reiterato proposito, attuato da estremisti islamici, di assumere di fatto il controllo delle scuole. Benché forse tecnicamente non si possa parlare di coercizioni vere e proprie, di fatto il regime di assoluto terrore instaurato nelle aule, in sala docenti e tra i genitori ha consentito di far circolare liberamente la propaganda jihadista, intercettando quanti, adulti o alunni, manifestassero simpatie in merito. Quelle che si sono verificate sono state «condotte assolutamente nocive, situazioni insomma che andavano affrontate»: sono queste le parole diPeter Clark, ex-capo della squadra antiterrorismo della Metropolitan Police. A lui l’ex-ministro dell’Educazione, Michael Gove, ha affidato l’inchiesta avviata in merito. E lui ha preso l’incarico davvero sul serio: «Non credo alle coincidenze – ha detto – e troverei davvero sorprendente che tutto questo si sia verificato unicamente nelle scuole, che abbiamo avuto il tempo di visitare a Birmingham». Da qui, il suo suggerimento, rivolto al governo, di verificare se anche altre scuole in Inghilterra siano state prese di mira dagli islamisti radicali. Lui stesso ha avuto difficoltà a compiere le indagini, poiché c’è chi ha avuto «paura d’esser accusato di razzismo o di islamofobia» per il semplice fatto di controllare che nelle scuole non si formassero, anziché cittadini, terroristi in erba. Altri erano invece terrorizzati dal timore di ritorsioni contro di loro, contro la loro carriera e contro le loro famiglie: hanno accettato di parlare solo purché fosse assicurato loro il totale anonimato. Alcuni deputati hanno però sollevato il caso, rendendolo pubblico.
La domanda, più che legittima a questo punto, è: se ciò è accaduto negli istituti statali inglesi, dove, essendo pubblici, comunque è previsto un minimo controllo, cosa accadrà nelle scuole musulmane, come quella di Loiret, in Francia, aperta in modo assolutamente illegale, complice l’omertà delle autorità competenti, scuole di cui non è dato in alcun modo conoscere nemmeno il programma di studi e gli insegnamenti, che vi vengono propinati?
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