Quando le parole bruciano

Colui che cammina in modo irreprensibile e fa ciò che è giusto, e dice la verità come l’ha nel cuore, che non calunnia con la sua lingua, non fa alcun male al suo compagno, e non lancia alcun insulto contro il suo prossimo. Salmi 15:2-3

Si interroga il salmista su chi potrà accostarsi al Signore, entrare alla Sua presenza. E se la prima risposta potremmo attendercela, quello che viene indicato dopo ci fa riflettere. Nell’agire individuale grande peso ha ciò che la bocca proferisce. Infatti, leggiamo di “dire la verità”, “non calunniare” e “non insultare”, perché quel che esce dalla bocca procede dal cuore. E quindi le parole pronunciate sono in grado di rivelare la condizione del proferente. Le parole sono la continuazione dei nostri pensieri che, a loro volta, suscitano altre riflessioni, associazioni di idee ed emozioni, in base alla percezione che se ne ha. Con le parole si può consolare o far soffrire, si può illudere o disilludere, si può incoraggiare o anche prendere a schiaffi. Sollevare o schiacciare. Alleggerire o appesantire. Comprendere di possedere una tale potenzialità, dovrebbe aiutarci a limitare errori e relative conseguenze, perché se alcune parole possono ravvivare, altre possono far male come delle coltellate. Infatti, si parla della lingua come di una spada, e quando poi è biforcuta, la sua lama è particolarmente pericolosa.

Imparare a pesare le parole, che arduo compito. Quante volte ce lo siamo promesso, e quante altre lo abbiamo chiesto, ma puntualmente senza il risultato atteso. A chiunque almeno una volta nella vita sarà capitato di dire qualcosa di dannoso nei confronti di qualcuno, e non è detto che sia stato consapevolmente. Siamo così pervasi dalla convinzione che la perfezione abita in noi, che non poniamo più la minima attenzione nel rivolgerci al nostro prossimo con parole “pericolose”. Credo che imparare a tenere a freno la lingua sarà sempre proficuo. Eviteremo di fare del male, eviteremo di attirarci un giudizio. Ben ne doveva conoscere le potenzialità l’apostolo Paolo nell’esortare quelli di Efeso: “Nessuna cattiva parola esca dalla vostra bocca; ma se ne avete qualcuna buona, che edifichi secondo il bisogno, ditela affinché conferisca grazia a chi l’ascolta” (Efesini 4:29). Dio ci aiuti a riconoscere quando abbiamo una parola buona e solo allora a sentirci autorizzati a pronunciarla. Nello stesso tempo dovremmo imparare ad aprire la nostra bocca per esercitare la fede, e quindi per confessare la verità della Parola, a dichiarare la fedeltà di Dio, il Suo amore, la Sua potenza.

Anche Giacomo, doveva avere buoni motivi a riguardo, dato che scrive: «Anche la lingua è un fuoco, è il mondo dell’iniquità. Posta com’è fra le nostre membra, la lingua contamina tutto il corpo, infiamma il corso della vita ed è infiammata dalla Geenna» (3:6). L’apostolo parla di iniquità per intendere che in essa si può rinchiudere tutta la cattiveria immaginabile. Basti riflettere che Gesù è stato condannato a morte perché accusato ingiustamente di aver bestemmiato il nome di Dio. Egli è finito sulla croce perché una folla ha pronunciato un nome, Barabba. È stato crocifisso perché un uomo se ne “lavò le mani”. Chissà quante volte siamo stati feriti dalle parole? Attributi o aggettivi che non corrispondevano al nostro essere o agire, che ci hanno toccati profondamente. Abbiamo così imparato che non risponde al vero il detto che le parole le porta via il vento. Anzi sono proprio le parole a portare vento e vento di tempesta. In conclusione, vi cito le pastorali parole di Agostino: “Cerchiamo dunque, carissimi, di capire che, se la lingua non può domarla nessuno, dobbiamo ricorrere a Dio perché domi la nostra lingua. Se infatti tu vorrai domarla, non ci riuscirai, perché sei un uomo. La lingua non può domarla nessun uomo. … Si cerchi dunque Dio perché sia domato l’uomo. … sottomettiamoci a lui e imploriamo la sua misericordia. In lui riponiamo la nostra speranza e finché non saremo domati, interamente domati, finché cioè non saremo perfezionati, sopportiamo la sua mano che ci doma” (Discorso 55). Nel frattempo, proviamo a tenerla chiusa.

Elpidio Pezzella | Elpidiopezzella.org

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