Era il 2006 quando la polizia venne ad arrestarmi: fummo mandati in carcere per spaccio di droga. La mia vita e quella di mio marito era fatta di illeciti e droghe. Viaggiavamo spesso per il mondo facendo i corrieri internazionali della droga. Non ero mai stata arrestata e mai fatto un giorno di galera. Ma quando la porta della cella si chiuse alle mie spalle, precipitai in un tunnel buio e mi cadde il mondo addosso. La mia preoccupazione era mio figlio di 6 anni… mi rimasero registrati nella mente i suoi occhi spaventati nel vedere che mi portavano via.
Entrai in una cella oscura e sporca, c’era solo un’altra detenuta, un’atea dichiarata. Parlammo un poco, poi mi sdraiai sul lettino. Mille pensieri mi avvolgevano e un dolore al petto che mi sentivo mancare l’aria; incominciai a piangere e a provare che cosa significa sbagliare nella vita. Pensavo continuamente a mio figlio e a come riabbracciarlo, ma davanti a me c’era un muro invalicabile, un muro che mi toglieva il respiro. Poi mi volsi nel letto e vidi che il materasso da un lato della testa era più alto, come se qualcosa stesse sotto. Curiosa, infilai la mano e tirai fuori un libriccino: era il Nuovo Testamento. In quel momento si aprì una finestra nella mia mente e mi ritrovai a vivere alcuni momenti della mia infanzia.
Mio padre andò via di casa quando avevo 10 anni, lasciando mia madre in una forte depressione. Il divano dove si sdraiava mia madre aveva fatto la sagoma del suo corpo. Rimanemmo in casa solo noi donne e io ero la più terribile, avevo un carattere forte e non avevo paura di nessuno. A 15 anni conobbi mio marito e incominciai a fumare e a farmi qualche canna. Mio marito viveva nei quartieri più malfamati della città dove regna la malavita calabrese. Io ero arrabbiata con il mondo intero a causa di mio padre e di tante cose che non andavano.
A 19 anni ci sposammo, ma poiché il mio ragazzo entrava e usciva dal carcere, mio padre mi ripudiò come figlia, perché mi ero messa con un delinquente.
Andammo a vivere in uno scantinato, non avevamo mobili, niente di niente, ci volevamo solo bene e basta. Mi ricordai di un signore che quando mi vedeva diceva: “Francesca, Gesù ti ama”, e io quelle parole le ho sempre serbate nel cuore. Inoltre, la vicina di casa era evangelica e la sera ci chiamava per pregare e parlare del Signore. Poiché quando entravano gli altri fratelli io ero quella che mettevo apposto cappotti e borse, insieme a mio marito decidemmo di rubare. Una sera, venne una sorella che mi diede la borsa e io rapidamente, mentre raggiungevo l’altra camera per poggiare gli abiti e la borsa, infilai la mano e presi il portafoglio, dove c’erano solo 10.000 lire. Quando stavo per metterle in tasca, venni assalita da un rimorso, una voce dentro di me mi disse “non farlo” e rimisi i soldi a posto. Non era la prima volta che rubavo, ma quella sera Qualcuno mi disse di non farlo. A fine riunione, quando ci salutarono, la sorella aprì la borsa e prese il portafoglio, tirò fuori le 10.000 lire e me le diede, dicendomi: “Cara, sono per te, solo questo ho, ma voi siete giovani e ne avete bisogno, il Signore provvederà per me”. Rimasi di ghiaccio perché, se quella voce non mi avesse fermata, avrei commesso una grossa cattiveria, ma Dio non volle farmi fare quella che sarebbe stata una bruttissima figura. In me incominciava a farsi strada la Parola di Dio, ma con mio marito conducevamo una vita troppo brutta.
All’improvviso, tornai in me e mi rividi in quella cella tetra del carcere. Quella notte chiesi perdono a Dio per il male che avevo fatto e per la vita che conducevo, come non avevo mai fatto. Dei brividi attraversarono il mio corpo e iniziai a leggere il Nuovo Testamento. Il giorno dopo, chiesi all’avvocato se mi accordassero gli arresti domiciliari ma lui mi presa per matta, facendomi notare che nessun giudice mi avrebbe concesso i domiciliari per trasporto internazionale di droga. Anzi, mi disse che, poiché ci avevano arrestati in 24, c’era la possibilità del reato di associazione a delinquere, anche se questo reato cadde per insufficienza di prove.
Ma io nella cella pregavo e piangevo desiderando mio figlio.
Dopo 4 giorni, il giudice mi diede la condanna di 6 anni di detenzione, ma da scontare tutti ai domiciliari, con grande stupore del mio avvocato. L’avvocato non sapeva che avevo passato 4 notti a chiedere i domiciliari all’Avvocato degli avvocati, a Cristo Gesù. Rimasi 6 anni chiusa in casa senza mai uscire, senza soldi, ma non mi mancò mai niente. Mia madre e le mie sorelle mi diedero un aiuto. Anche i fratelli e le sorelle in Cristo che conoscevo facevano a gara per aiutarmi. La sera facevamo gli studi biblici, si leggeva la Parola e si pregava. In una di quelle sere, diedi il mio cuore a Gesù e da allora la mia vita è cambiata. Sono una figlia di Dio. Non vivo più nel peccato, anche se le difficoltà e i problemi non mancano. Mio marito si avvicina e si allontana dalla fede, la tentazione del mondo è forte in lui, ma la Chiesa e i fratelli pregano per lui e per la mia famiglia.
Francesca
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