Qual è la Chiesa di successo? O, meglio, quando un Pastore si ritiene, (o deve ritenersi), di successo? Noi possiamo avere tanti metri per misurare il “successo” di una Chiesa, ma nella Parola di Dio ne esiste uno ed uno soltanto. La stessa Parola ci avvisa che un soldato impegnato nella guerra non va ad impicciarsi delle faccende della vita civile ma piuttosto vuole piacere al suo comandante, (II Timoteo 2:4). E cosa chiede il nostro comandante?
L’apostolo Paolo, campione della fede, “eroe” ed esempio per tanti servitori di Dio, svolse il suo compito in un modo che, credo, all’unanimità giudicheremmo “corretto”. Tanto più che il Suo operato si trova scritto, registrato nella Sacra Parola di Dio e viene utilizzato, soprattutto negli ambienti evangelici, come faro teologico. Forse, tutte le Chiese che l’Apostolo Paolo edificò risultarono di successo per lui? Il nostro metro comincia a scricchiolare… Molto spesso non venne plaudito, molto spesso non venne neanche riconosciuto nella sua autorità. Battuto, colpito con pietre, imprigionato e quasi condotto alla morte! Quasi quasi, guardandolo in prigione, ci viene quasi da dire che come soldato qualche battaglia la perse. Noi, nel nostro ministerio, a cosa attribuiamo il successo della Chiesa? Al numero? Ai soldi raccolti nell’offerta? Alla benevolenza verso il Pastore? Alla notorietà o all’ammirazione? No, nessuna di queste cose misura il “successo” inteso come corrispondenza a ciò che Dio vuole in una Chiesa. Molti di questi aspetti possono anche arrivare ma non necessariamente dobbiamo accoppiarli al concetto di “chiesa di successo”. L’unica misura che Dio vuole che noi adottiamo per verificare che la nostra Chiesa sia di successo è che sia conforme alla Parola di Dio, senza mischiamenti e trucchi illusionistici volti a prendere in giro la gente, il popolo che Dio ci ha affidato. Paolo forse perse qualche battaglia ma vinse la guerra, e sapete perché? Perché Egli voleva compiacere il Suo comandante.
In Galati 1:10 scrive espressamente che sta cercando l’approvazione di Dio non degli uomini, altrimenti non sarebbe neanche un servo di Dio! I tessalonicesi 2:4, poi, dice espressamente: “il nostro proponimento è quello di piacere a Dio non agli uomini”. I veri servi di Dio devono volere una Chiesa di successo, ma per questo è necessario che ci studiamo di piacere a Dio.
Gabriele Paolini | Notiziecristiane.com
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