Secondo un rapporto pubblicato dall’ong Transitional Justice Working Group, dal 2011 ci sono state almeno 27 esecuzioni pubbliche in Corea del Nord. L’indagine si basa su interviste con 683 rifugiati nordcoreani. Gli esperti: il numero è sceso perché Kim Jong-un vuole evitare critiche sui diritti umani, ma il dato reale potrebbe essere più elevato.
Seoul (AsiaNews/Agenzie) – Negli ultimi 10 anni la Corea del Nord ha compiuto almeno 27 esecuzioni pubbliche. Lo dice un rapporto pubblicato ieri dalla ong sudcoreana Transitional Justice Working Group (Tjwg), che ha mappato le uccisioni avvenute sotto il regime di Kim Jong-un. L’organizzazione umanitaria ha intervistato 683 rifugiati nordcoreani arrivati al Sud tra il 1990 e il 2019. Secondo le loro testimonianze, dal 2011 al 2018, sette persone sono state giustiziate per aver guardato o distribuito video sudcoreani, cinque per reati di droga, altre cinque per prostituzione, quattro per traffico di esseri umani, tre per omicidio o tentato omicidio e tre per oscenità.
Secondo il rapporto, un plotone ha eseguito la maggior parte delle condanne capitali, con tre soldati che hanno sparato tre colpi ciascuno contro i prigionieri.
Nel corso degli anni le motivazioni per le esecuzioni pubbliche sono cambiate sotto i diversi leader della dinastia Kim, ha spiegato a Radio Free Asia (Rfa) Lee Younghwan, direttore esecutivo del Tjwg. “Se durante il regime di Kim Il-sung molte esecuzioni pubbliche sono state effettuate per prendere il potere, durante il regno di Kim Jong-il sono state condotte per lo più ‘esecuzioni economiche’ a causa delle difficoltà che aveva il Paese”, ha commentato Lee, riferendosi rispettivamente al nonno e al padre dell’attuale leader. “Quando la Corea del Nord l’anno scorso ha varato la legge sul rifiuto del pensiero e della cultura reazionari, ha cominciato a effettuare esecuzioni anche nei confronti di chi guarda video sudcoreani, un fatto inaccettabile dal punto di vista internazionale”.
“Pyongyang considera l’influenza della cultura popolare sudcoreana e la sua rappresentazione di standard di vita più elevati come una minaccia esistenziale al sistema nordcoreano”, ha commentato Kevin Gray, professore dell’Università del Sussex, a NK News. Di conseguenza, il consumo di media sudcoreani “può mettere alla prova le fondamenta del regime” in modi che altri crimini non fanno, ha spiegato il docente.
I membri della famiglia dei presunti criminali sono spesso costretti ad assistere alle esecuzioni sommarie in mezzo a un’ampia platea di persone, sostiene inoltre l’ong: “Un intervistato ha dichiarato che le uccisioni pubbliche una volta erano aperte a una grande folla, ma negli ultimi anni la visione delle esecuzioni sembra essere riservata al gruppo da cui proviene l’accusato, come i colleghi di lavoro”, scrive il Tjwg.
Il rapporto sostiene anche che le autorità nordcoreane hanno aumentato la sicurezza nei luoghi in cui avvengono le esecuzioni, forse per evitare fughe di video registrati clandestinamente. Durante un’uccisione pubblica effettuata a giugno 2014, per esempio, un rifugiato ha visto “diversi veicoli militari provvisti di dispositivi rotanti, che l’intervistato sospettava essere una sorta di apparecchiature di rilevamento delle comunicazioni”.
Un altro cambiamento notevole sotto Kim Jong-un, continua il rapporto del Tjwg, è l’uso crescente di amnistie: “Dal 2012 al 2015, alcuni testimoni hanno indicato che Kim ha cercato di creare un’immagine pubblica di leader benevolo attraverso la concessione della grazia”, afferma il documento. “Un intervistato ha assistito al processo di 16 individui”, per esempio. “Solo sei sono stati condannati a morte, mentre gli altri sono stati graziati” dal dittatore.
Queste nuove dinamiche, unite al fatto che il numero delle esecuzioni pubbliche pare sia calato negli ultimi anni, sembrano suggerire una maggiore attenzione del regime comunista alle indagini sui diritti umani che avvengono sul proprio territorio, specificano gli esperti: “Sembra che la Corea del Nord abbia attuato questi cambiamenti come soluzione a metà strada tra l’immenso criticismo che riceve dall’esterno e l’impossibilità di sbarazzarsi della pratica, che serve al regime per controllare il popolo”, ha raccontato Han Myung-sub, un avvocato dello studio legale Hanmi di Seoul.
Negli ultimi anni Pyongyang ha messo fine alle esecuzioni lungo i confini e in strutture individuabili dai satelliti. Questo non vuol dire che non siano avvenute esecuzioni dopo il 2018, al contrario: gli analisti concordano che il numero di uccisioni potrebbe essere molto più elevato. “I risultati suggeriscono che il regime di Kim Jong-un sta prestando maggiore attenzione al rafforzamento della sorveglianza internazionale sulla situazione dei diritti umani nel Paese”, ha detto a Rfa il ricercatore del Tjwg Pak Ahyeong. “Ma questo non implica un miglioramento della situazione dei diritti umani in Corea del Nord. Le esecuzioni private dovrebbero essere monitorate da vicino”.
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