PROSEGUE IL TOUR EUROPEO DEL DOCUFILM “LA RIVOLUZIONE DI AYTEN” PROSSIMA TAPPA A MARSIGLIA

La vicenda di Ayten Öztürk, militante comunista turca condannata a due ergastoli, torna a interrogare l’opinione pubblica non solo europea con la prosecuzione del tour di proiezioni del documentario di Elian Riva

“Sono Ayten Öztürk, ho 49 anni, ho passato 13 anni e mezzo della mia vita in prigione. Sono stata torturata per sei mesi. Sono agli arresti domiciliari da due anni e rischio di essere condannata a due ergastoli”.

Così testimoniava nel docufilm (prima del nuovo arresto e della condanna a due ergastoli) la militante comunista Ayten Öztürk .

La prima proiezione internazionale di “La rivoluzione di Ayten”, realizzato da Eliana Riva (Pagine Esteri) si era tenuta a Londra in febbraio. Seguita da altre presentazioni ufficiali in un tour europeo (anche in Italia) che in questi giorni approda a Marsiglia (11 ottobre presso Local G.Kanafani).

Nel documentario vengono ripercorsi i drammatici eventi di questi ultimi anni di dura repressione, in carcere e fuori, in Turchia. In particolare la tragica vicenda dei militanti, musicisti e avvocati morti in sciopero della fame

Emblematico il dramma vissuto da Ayten Öztürk. Militante comunista ed esponente della comunità alevita di Istanbul (tradizionalmente all’opposizione)

La dissidente turca aveva denunciato in un libro (poi sequestrato in Turchia) di essere stata rapita e torturata per sei mesi in un centro segreto di detenzione ad Ankara.

La campagna per la sua liberazione aveva mobilitato migliaia di persone in giro per il pianeta, ma aveva anche comportato ulteriori arbitri di natura giudiziaria. Agli arresti domiciliari per tre anni (e dopo 13 di carcere), veniva nuovamente arrestata nel febbraio di quest’anno e rimane tuttora in prigione. Così come venivano arrestati i suoi avvocati (intervistati nel video, la maggior parte esponenti dell’Ufficio legale del popolo e ancora dietro le sbarre) e i familiari dei prigionieri politici o di quelli uccisi dalla polizia.

Nella stessa circostanza una settantina di indirizzi venivano perquisiti – soprattutto a Istanbul – e molti locali saccheggiati, distrutti. In particolare il Centro culturale Idil, (v. Grup Yorum), la sede di TAYAD (sostegno ai prigionieri politici), Sevgi Erdogan Vefa Evi (casa di cura per anziani e disabili), l’Ufficio per la legge popolare e la Casa della Resistenza di Armutlu.

In luglio Ayten veniva poi condannata a due ergastoli (in regime di isolamento) con l’accusa di “aver tentato di rovesciare l’ordine costituzionale” e di “favoreggiamento nel reato di omicidio premeditato”.

Nello specifico per aver fatto parte di una associazione per i diritti umani e di contrasto alla droga e alla prostituzione. Organizzazione che però secondo i giudici avrebbe anche propagandato idee di natura “socialista” e antigovernative.

Per la seconda accusa, in quanto sospettata di aver assistito da lontano al linciaggio di un pedofilo.

Da sottolineare che – come in molti altri casi – i presunti testimoni sono rimasti segreti.

Gianni Sartori

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