I PROMESSI SPOSI: CAP. XXIX-XXXVIII
I capitoli finali dei Promessi Sposi sono densi di avvenimenti tragici: la barbara calata dei Lanzichenecchi, mercenari tedeschi che seminano terrore e morte, lo scoppio e la diffusione della peste a Milano per l’inettitudine del Tribunale della Sanità, mietendo morte e disperazione, ma anche causando saccheggi e sciacallaggio e vili ricatti. In mezzo a questi eventi luttuosi , si stagliano vicende umane commoventi, toccanti, pietose: il contagio di Don Rodrigo, la madre di Cecilia, che teneramente depone il cadavere della bambina sul carro dei monatti, il perdono di Renzo al capezzale di Don Rodrigo.
Senza minimizzare la vicenda dolorosa e miserevole della caduta del potente signorotto gaudente e prepotente e quella commovente dell’incontro di Renzo con Don Rodrigo morente, l’episodio dolorosamente delicato e tenero della madre di Cecilia ha qualcosa di bello e puro, che dona una patina di umanità a uno scenario torbido. Esso è raccontato al Cap. XXXIV, delineando un quadro fosco, cupo, orrido,fetido delle strade e delle vie di Milano. Renzo, entrato in città, essendo alla ricerca di Lucia, rimane fortemente scosso alla vista di uno spettacolo sinistro e desolato: una città che emana odore di morte dappertutto, moralmente disfatta dallo sciacallaggio e anche dalla demoniaca allegria dei monatti. Ma, all’interno di questo scenario infernale, brilla una vicenda delicata, dolce e pulita, sebbene anch’essa dolorosa: una giovane madre, sfiancata dalla peste, ma ancora bella, tiene amorevolmente tra le sue braccia il corpo della figlioletta, come se fosse viva vestita con l’abito della festa. I suoi passi, lenti e affaticati, raggiungono il carro dei monatti. Essa, sottraendosi al tentativo di un monatto di toglierle la bambina dalle braccia, la depone dolcemente sul carro, come se fosse un morbido letto, le dà un tenero bacio sulla fronte e fa promettere al monatto di seppellirla nello stato in cui è stata deposta sul carro, dandogli una lauta ricompensa. I gesti della madre parlano di fede e di amore, la tragica esperienza della morte è mitigata dalla bellezza dell’amore:
“… Scendeva dalla soglia d’uno di questi usci, e veniva verso il convoglio, una donna, il cui aspetto annunziava una giovinezza avanzata, ma non trascorsa, e vi traspariva una bellezza velata e offuscata, ma non guasta … La sua andatura era affaticata, ma non cascante; gli occhi don davano lacrime, ma davano segni d’averne sparse tante … Portava essa in collo una bambina forse di nove anni, morta; ma tutta bene accomodata, coi capelli divisi sulla fronte, con un vestito bianchissimo, come se quelle mani l’avessero adornate per una festa promessa da tanto tempo, e data per premio. Né la teneva a giacere, ma sorretta a sedere su un braccio, con il petto appoggiato al petto, come se fosse stata viva: se non che una manina bianca, a guisa di cera spenzolava da una parte, con una certa inanimata gravezza, il capo posava sull’omero della madre, con un abbandono più forte del sonno …
Un turpe monatto andò per levarle la bambina dalle braccia, con una specie però di insolito rispetto, con una esitazione involontaria. Ma quella, tirandosi indietro, senza però mostrare sdegno né disprezzo, <<no>> disse: <<non me la toccate per ora; devo metterla io sul quel carro: prendete>>. Così dicendo, aprì una mano, fece vedere una borsa e la lasciò cadere in quella che il monatto tese. Poi continuò: <<Promettetemi di non levarle un filo d’intorno, né di lasciare che altri ardiscano di farlo e di metterla sottoterra così.>> Il monatto si mise una mano sul petto; e poi, tutto premuroso, e quasi ossequioso, più per il nuovo sentimento da cui era soggiogato, che per l’inaspettata ricompensa, s’affaccendò a fare un po’ di posto sul carro per la morticina. La madre, dato a questa un bacio in fronte, la mise lì come su un letto, ce ‘accomodò, le stese sopra un panno bianco e disse le ultime parole: <<addio Cecilia! Riposa in pace! Stasera verremo anche noi , per restare sempre insieme. Prega intanto per noi; che io pregherò per te e per gli altri>>. Poi, voltatosi, di nuovo al monatto, <<voi>>, disse, <<passando di qui verso sera, salirete a prendere anche me, e non me sola>>.
Così detto, rientrò in casa e, un momento dopo, s’affacciò alla finestra, tenendo in collo un’altra bambina più piccola, viva, ma coi segni della morte in volto>>.
(Alessandro Manzoni – I Promessi Sposi- Mondadori ed., Milano 2015, pagg. 572-573).
Paolo Brancè | Notiziecristiane.com
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