A volte sinceramente non si sa da che parte cominciare. Di quali ingiustizie occuparsi (trascurandone fatalmente altre), di quali violazioni dei Diritti umani… Se poi si tratta dei Curdi la situazione precipita. Non passa giorno, se non ora, senza la notizia di un militante o semplice cittadino ammazzato, imprigionato, torturato…
Per cui, mentre giustamente e finalmente si mantiene sotto i riflettori la dilagante protesta delle donne e degli uomini in Rojhilat e Iran (ma come mai niente del genere per – che so – Turchia e Arabia Saudita ?) penso sia il caso di occuparsi anche di eventi, magari per forza di cose, trascurati. Per esempio della morte in carcere di prigionieri malati in Turchia e dell’uccisione di decine di kolbar (“spalloni”) lungo la frontiera turco-iraniana.
Sarebbero stati 22 (quelli accertati almeno) i prigionieri ammalati deceduti nel 2022 nelle carceri turche. Per l’Associazione dei Diritti dell’uomo della Turchia (IHD) “a causa della violazione dei loro diritti di prigionieri”.
Violazioni che, come la tortura, nell’anno trascorso avrebbero conosciuto una recrudescenza. Nonostante le richieste di familiari e organizzazioni per la difesa dei diritti umani, tali prigionieri non sarebbero adeguatamente curati e in molti casi si parla di “morti sospette”.
Tra i casi che avevano suscitato maggior indignazione quello dell’ottantenne Mehmet Emin Ozkan, di Aysel Tugluk (affetta da demenza) e di Garibe Gezer violentata, torturata e infine molto probabilmente “suicidata” nel dicembre 2021. Inoltre, i prigionieri politici vengono sottoposte a ulteriori pene di carattere disciplinare e messi in isolamento.
Quanto alle persone malate, anche in fase terminale, in genere le autorità rifiutano di scarcerarle se non proprio quando stanno per morire.
In base ai dati di IHD nelle carceri turche vi sarebbero attualmente 1517 i prigionieri ammalati, di cui 651 molto gravemente. Si tratta di “persone anziane, con handicap, afflitte da patologie croniche, in particolare tumori e malattie polmonari”. Non vengono portati in ospedale e nelle prigioni i medici sono disponibili solo in alcuni giorni e in alcune ore.
Sempre in base alle denunce di IHD “vengono malnutriti e sia l’acqua potabile che quella calda sono razionate. Quelli gravemente ammalati spesso non vengono rimessi in libertà nemmeno allo stadio finale della loro patologia”. E quei pochi che erano stati liberati sono morti dopo pochi giorni.
Una portavoce di IHD, Nuray Çevirmen, ha accusato l’Istituto di medicina legale di “ dipendere dal governo”. E di adottare “decisioni puramente politiche che non tengono conto dei rapporti medici”.
Le frequenti manifestazioni di solidarietà con i prigionieri ammalati indette dai familiari (in genere si tratta di “veglie”, pacifiche e silenziose) sono state regolarmente represse dalla polizia. Con madri e sorelle dei detenuti arrestate. Così come era accaduto lo scorso agosto alla coprésidente del Partito democratico dei Popoli di Istanbul Ilknur Birol, alla copresidente dell’associazione di solidarietà Anyakay-Der, Evin Genç, alla militante di HDP Zübeyde Ince, alla “madre del sabato” Hanife Yıldız e alle mamme dei prigionieri Fince Akman e Cemile Çiftçi.
Altro discorso quello sui kolbar che attraversano le impervie, pericolose frontiere statali che frantumano il Kurdistan (tra Turchia, Iraq e Iran). Guadagnandosi da vivere trasportando sulla schiena (o con l’aiuto di asini e muli) sigarette, telefoni cellulari, tessuti, articoli casalinghi, thé. Talvolta, ma raramente, anche alcool. Anche se quello che ricavano risulta irrisorio rispetto al prezzo di vendita delle merci trasportate sui mercati iraniani.
I dati forniti da Kolbarnews parlano di almeno 30 “spalloni” uccisi nel 2022 nelle zone di frontiera dalle forze di sicurezza sia turche (una vittima) che iraniane (29 vittime accertate). Altri 43 avrebbero perso la vita (per incidenti, cadute o a causa di eventi meteorologici tipici delle zone di montagna) nel corso delle traversate. I feriti sarebbero oltre duecento.
Il termine curdo kolbar è composto da kol” (spalle) e “bar” (carico, fardello).
Gianni Sartori
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