A chi piace il cinema? Sono sicuro a tutti. Che bello stare sul divano di casa o nel buio di una sala e lasciarsi trascinare in un altro tempo o in una struggente storia d’amore o magari farsi commuovere ed edificare da un film cristiano. Che bella magia il cinema. Io ne sono schiavo, fin da piccolo. Così ho questo problema: ogni volta che apro la Bibbia, per me comincia un film. Alle volte c’è anche la colonna sonora! Precipito nella pagina che sto leggendo.
A Cana penso di essermi sentito quasi ubriaco. E poi le cene e i pranzi. S’inizia con Cana, come sappiamo, e si finisce con l’Ultima Cena. Nel mezzo, ho mangiato a casa di Pietro, Levi, Simone, Zaccheo… Forse è anche per questo che ho preso qualche chilo. “È venuto il Figlio dell’uomo, che mangia e beve, e dicono: Ecco un mangione e un beone, amico dei pubblicani e dei peccatori”. (Matteo 11,19)
Oggi voglio invitarvi a vivere con me questa pagina del Vangelo di Luca in modo diverso. Proviamo a immaginarla tutti insieme. La scena è quella assai nota del pasto a casa di Marta e Maria a Betania. Facciamo apparire nella nostra mente, quasi magicamente, la piccola città di Betania, da non confondersi con quella oltre il Giordano dove operava Giovanni il battezzatore, è una cittadina a pochi chilometri da Gerusalemme. Oggi ha cambiato nome ma esiste ancora.
Nella Bibbia leggiamo di Betania anche nel Vangelo di Giovanni (11, 1-45), a proposito della resurrezione di Lazzaro, dell’unzione di Gesù ad opera di Maria (Giovanni 12, 1-11), ma anche in Matteo e, infine, sempre in Luca (24, 50) in occasione della sua ascensione al cielo.
La vedete con le sue case imbiancate dal sole sotto un cielo di cobalto? Vedete anche gli ulivi, che punteggiano il paesaggio, quasi carezzati e accompagnati dal vento nelle loro danze lente? In quella cittadina, quasi uguale a tante altre, vivevano tre amici di Gesù: Lazzaro, l’energica Marta (purtroppo spesso citata a sproposito in troppe predicazioni) e la mite Maria, probabilmente più giovane di lei.
Il Vangelo di Luca (10, 38), che è l’unico a riferire questo episodio, dice: “Mentre erano in cammino, Gesù entro in un villaggio e una donna, di nome Marta lo ricevette in casa sua”. Quindi le fece un’improvvisata. E possiamo supporre che non vi andò da solo ma insieme ai discepoli. Vi sono mai arrivati in casa all’improvviso degli ospiti? Povera Marta a correre da una stanza all’altra mentre sua sorella, Maria, rimaneva immobile ai piedi di Gesù ad ascoltarlo. Fra l’altro, anche nell’episodio della risurrezione di Lazzaro, narrato da Giovanni (11,20), Marta va incontro a Gesù mentre Maria rimane seduta in casa. Stava sempre seduta la ragazza. Scherzo!
A un certo punto sareste sbottati anche voi. Immaginatevi Marta con le braccia a teiera o con una zuppiera in una mano e un mestolo nell’altra che con la testa indica a Gesù sua sorella e gli urla: “Ma non le dici nulla? Non vedi che corro da una stanza all’altra e che lei mi ha lasciata sola?”. Il tutto in mezzo agli odori del cibo, al via vai dei servi, al brusio delle conversazioni, il vento che entra dalle finestre muovendo le tende e che porta in casa il profumo degli ulivi… Fermatevi un attimo a vedere la scena. Osservate tutti i personaggi. Ci sarà stato dell’imbarazzo, magari si saranno di colpo fermati per osservare Marta. Qualcuno avrà pure commentato l’accaduto a bassa voce coi suoi vicini. Riuscite a vedere Gesù che fissa Marta e le risponde? La risposta del Signore è nota, edificante. Discorso chiuso o forse no.
Quando ero bambino, mi piaceva costruirmi, con alcune sedie e con tutto quello che trovavo, scatole di cartone, piccoli mobili, uno spazio immaginario che rappresentava di volta in volta la mia casa, una fortezza o un castello. Uno spazio dentro il quale sentirmi protetto, sicuro. Uno spazio in cui inventare la mia vita di allora. Il problema è che spesso non sapevo poi come uscirne, allora chiamavo in soccorso mia madre. Lei arrivava, mi sorrideva e mi tirava fuori dal mio rifugio sicuro.
Ecco io penso che la pagina del Vangelo di oggi ci parli proprio di questo: dello spazio vitale che ci siamo costruiti nel tempo e dentro il quale rischiamo di rimanere intrappolati. Noi non possiamo più uscirne e nessuno riesce più a entravi.
Marta è imbrigliata dentro i suoi rituali, in se stessi buoni, ma che la distraggono rispetto a ciò che avviene persino nella sua casa o vita. E sembra che Gesù qui si faccia ospite per tirare fuori Marta dal disordine delle sue tante preoccupazioni che la portano lontana da se stessa e dalla sua interiorità, ma soprattutto dal Signore che, secondo lei, sta servendo.
La Bibbia ci dice una speranza di liberazione per tutti che, però, non può arrivare da noi stessi ma da un Altro che viene a visitarci in maniera inaspettata. L’ospite non atteso. Sorprendente.
Dio si fa ospite per portare una Parola. E questo brano evangelico ci mostra come Maria si ponga prontamente all’ascolto di questa parola che libera da seduta, in una posizione di accoglienza e quasi di resa, di obbedienza. Si mette in basso, ai piedi di Gesù. È pronta a ricevere la sua parola. Perché la parola di senso e di verità che Dio pronuncia nelle nostre vite, nelle forme più imprevedibili, chiede di essere ascoltata e pienamente accolta. Il più delle volte, invece, neppure ci accorgiamo di questa parola e forse neppure di questa presenza nelle nostre esistenze.
Gesù è lì ma noi siamo impegnati a fare altro. Siamo troppo distratti, presi in cose che, come nel caso di Marta, sono senza dubbio buone. Marta sta servendo il Signore e anche noi talvolta nascondiamo la nostra chiusura alla sua parola dietro i nostri impegni spirituali. Forse, come Marta, c’è qualcosa che intuiamo ma che non vogliamo ascoltare. “Parla, Signore, il tuo servo ti ascolta” ma non adesso. “Si faccia la tua volontà”, ma io ho un’idea migliore, Signore. Facciamo a modo mio! Ne parliamo un’altra volta.
E, per convincerci e convincere gli altri che siamo sulla giusta strada, la retta via, cerchiamo di far ricadere la colpa sugli altri: Marta vuole distrarsi servendo, ma non vuole prendersi questa responsabilità delle proprie scelte. E noi non agiamo nello stesso modo? Nervosi e insofferenti servitori del Signore.
Da Gesù ospite, giunto magari senza neppure avvertire, Marta si sarebbe aspettata parole diverse, parole di conferma, di riconoscimento per il suo impegno, di gratitudine. E, invece, il suo ospite improvviso e imprevedibile non sta al gioco. L’ospite è venuto a liberare Marta dai suoi rituali, dai suoi convincimenti, persino buoni, nei quali è rimasta imprigionata. Gesù risveglia Marta dalla sua incapacità ad accogliere la novità che è entrata nella sua casa e di cui lei non è più capace di accorgersi.
Possiamo fare tanto bene, come Marta, essere operosi e lodevoli servitori del Signore, ma diventare pure prigionieri del bene che facciamo. Dell’immagine inossidabile di noi stessi che ci costruiamo negli anni.
Marta è intrappolata dentro il labirinto del suo dovere e ciò l’ha resa inaccessibile, persino a Dio. Marta non lo ascolta più, non lo accoglie più davvero. S’illude di farlo ma in cuor suo sa che non è così.
Anche la vita di servizio più ammirevole può divenire una fortezza nella quale Dio e il nostro prossimo non possono più entrare. Un po’ come le fortezze che mi costruivo da piccolo dalle quali chiamavo mia madre a liberarmi.
John Lennon cantava: “La vita è quello che ti accade | mentre sei occupato a fare altri progetti”. Che oggi la Vita ci accada davvero! Che il Signore ci liberi dalle dorate prigioni che ci siamo costruiti, che inaspettato finalmente arrivi e che ci trovi pronti ad accoglierlo con le orecchie e il cuore aperti!
Davide Romano
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