Adesso Ankara si offre di “accogliere” (ma non in casa propria) i palestinesi scacciati da Gaza.
Sempre più difficile (almeno per un proletario autoalfabetizzato come chi scrive) comprendere qualcosa del Grande Disordine Planetario che travolge inesorabilmente questa valle di lacrime. Sempre più difficile distinguere tra vittime (consenzienti?) e carnefici (inconsapevoli?).
Dopo aver assistito alla diffusione del metodo ben sperimentato della “indipendenza a geometria variabile”, aver amaramente constatato come popoli vittime di analoghe forme di sfruttamento, oppressione e colonizzazione (palestinesi, curdi, tuareg, ebrei, armeni, saharawi, tamil, beluci etc…) vengano strumentalizzati a più riprese e da svariati manipolatori (salvo poi gettarli nella discarica della Storia senza neanche una buona uscita) ora stiamo arrivando all’assurdo.
Erdogan, insieme alle sue bande jihadiste (i suoi ascari) si candida a un ruolo ben preciso. Quello di complice della pulizia etnica in atto a Gaza. Installando campi profughi nel nord della Siria per i Palestinesi scacciati dalla Striscia.
Dal 2018, anno dell’invasione di Afrin, Ankara ha realizzato molteplici campi e insediamenti non solo per le famiglie dei collaborazionisti jihadisti, ma anche per quelle dei palestinesi, in genere provenienti da altre regioni siriane, con l’intento esplicito e dichiarato di modificare la demografia dell’area, dove era consistente la presenza curda.
Tra i più recenti, il campo di Cindiresê, in costruzione nel Rojava, in Afrin.
Da tempo la Turchia collabora assiduamente con Israele (nelle recente attacco della’Armenia erano entrambi alleati dell’Azerbajan, ma si sospetta che perfino Ocalan fosse stato sequestrato da agenti israeliani per consegnarlo poi alla Turchia) anche a spese dei palestinesi (moneta di scambio?). Così mentre offre una mano a Israele nell’opera di colonizzazione dei territori palestinesi (e forse anche con i drusi nel Golan occupato) offrendo una “via di fuga” ai disperati, la Turchia prosegue nell’altra colonizzazione, in proprio, a spese dei curdi.
Gianni Sartori
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