Gli imputati erano accusati di aver dato fuoco a una chiesa battista e a 14 case nel Natale 2007. Nonostante le testimonianze a loro carico, il tribunale di Phulbani li ha assolti per “mancanza di prove”. La corte è la stessa che ha condannato all’ergastolo sette cristiani innocenti. Il presidente del Global Council of Indian Christians (Gcic) lancia un appello per chiedere giustizia.
Phulbani – Un nuovo processo riporta al centro delle cronache i pogrom anticristiani avvenuti in Orissa: oggi la corte di Phulbani ha assolto 54 persone, accusate di aver incendiato decine di case e una chiesa battista durante le violenze avvenute a Natale 2007 nel distretto di Kandhamal. Per il Global Council of Indian Christians (Gcic), il verdetto indica in modo inequivocabile “l’agenda segreta” della procura: assolvere i colpevoli e colpire le vittime di quelle violenze. Lo stesso tribunale infatti ha condannato all’ergastolo sette cristiani innocenti, accusati dell’omicidio del leader indù Laxamananda Saraswati, la cui morte scatenò i pogrom del 2008. In quel procedimento non vi erano prove a carico degli imputati. In quello di oggi, il tribunale ha motivato l’assoluzione per “mancanza di prove”, ignorando le testimonianze. Di seguito, l’agenzia di stampa AsiaNews ha pubblicato un appello lanciato da Sajan George, presidente del Gcic, alla National Human Rights Commission (Nhrc).
Il Global Council of Indian Christians (Gcic) è sconvolto e costretto a dedurre, insieme alle vittime, che la procura ha un’agenda segreta volta a indebolire i casi contro i piromani e i ladri dei pogrom di Kandhamal. Gli attentati avvenuti nel Natale 2007 a Barakhama erano evidenti e c’erano prove schiaccianti contro i responsabili.
Il Gcic esorta la National Human Rights Commission (Nhrc) a prendere atto della violazione su larga scala contro la libertà dei cristiani di Barakhama, e di avviare una sua indagine contro i funzionari del governo dell’Orissa coinvolti nell’indebolimento dei casi di Kandhamal. Queste assoluzioni gettano un’ombra di dubbio sulle povere vittime.
Il 19 ottobre del 2012 la Corte suprema ha interrogato il governo dell’Orissa riguardo l’insolito alto tasso di assoluzioni, che hanno guastato la percezione delle vittime del Kandhamal di [assistere a] un giusto processo. Abbiamo informato i giudici R.M. Lodha e A.R. Dave della sensazione di un fallimento sistematico – intenzionale o meno -, che portava l’accusa a non riuscire a produrre prove evidenti a sostegno delle dichiarazioni dei testimoni oculari. In molti casi, i testimoni chiave sono diventati ostili. Sembra che le condanne vi siano state solo per reati minori, mentre gli imputati accusati di omicidio, incendio doloso, stupro e rapina siano stati rilasciati.
Questo alto tasso di assoluzioni mostra il ruolo svolto dal pubblico ministero. Sembra che il compito della procura non sia stato quello di garantire l’amministrazione della giustizia, ma di essere semplici agenti dello Stato, il cui scopo era quello di garantire l’assoluzione degli imputati.
Oggi un tribunale del distretto di Kandhamal ha assolto 54 persone, arrestate per il presunto coinvolgimento nelle violenze del 2007. In realtà, quegli attacchi sono stati la prova generale dei massicci attentati contro i cristiani nel 2008. Il Global Council of Indian Christians (Gcic) aveva organizzato una serie di manifestazioni per sensibilizzare sulle atrocità compiute contro i cristiani, inclusa una marcia fino al Parlamento (v. foto).
Rajendra Kumar Tosh, giudice aggiuntivo distrettuale della corte di Phulbani, ha assolto i 54 per mancanza di prove adeguate a loro carico. Gli imputati erano accusati di aver dato fuoco a una chiesa battista di Odia e a 14 case nel villaggio di Barkhama (distretto di Kandhamal), il 25 dicembre. Il giorno in cui io – in qualità di presidente del Gcic – sono stato chiamato dal giudice Basudev Panigrahi, due funzionari statali di alto livello hanno testimoniato che i disordini del 2007 avvenuti a Kandhamal erano stati programmati.
I funzionari che hanno deposto davanti alla commissione d’inchiesta erano Satyabrata Sahu e RP Kotche, rispettivamente un ex commissario distrettuale delle entrare (Rdc) e un ex vice ispettore generale.
Durante la deposizione i funzionari hanno ribadito che le violenze erano premeditate e programmate e che, per limitare l’azione delle forze di polizia, gli aggressori hanno abbattuto un numero massiccio di alberi lungo le tutte le strade.
Essi hanno poi aggiunto che “l’azione della polizia nel distretto è stata gravemente ostacolata, con – di conseguenza – una violenza diffusa che non è stata possibile controllare in tempo”.
Convocati dalla commissione d’inchiesta in base all’art.8-B, entrambi i funzionari hanno dichiarato che l’amministrazione aveva adottato misure adeguate per prevenire il divampare delle violenze.
Oltre a loro, anche un agente della polizia locale ha testimoniato davanti ai giudici. Nella sua dichiarazione, egli ha detto di aver dovuto sparare nove colpi in aria per sedare una folla che si stava dirigendo verso la stazione di polizia.
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