di Theodore Epp – Giobbe 40:1-5 – Giobbe aveva discusso con Dio. Egli aveva argomentato che il modo come Dio si occupava di lui era la radice del suo problema. Lui, la creatura, si era seduto in giudizio contro Dio, il Creatore. Aveva persino accusato Dio di fare la cosa sbagliata.
Ora Dio aveva parlato a Giobbe e si era fatto conoscere. Per mezzo della natura aveva enfatizzato lezioni evidenti così che Giobbe non poteva non coglierne i principi morali coinvolti. Nessuna me-raviglia che Giobbe si riconoscesse vile.
Come poteva Giobbe rispondere a Dio dopo questa rivelazione della cura che Dio ha per le sue creature? Giobbe si rese conto di quanto spregevole fosse stato il suo modo di parlare al Signore. Egli aveva pensato che il Signore fosse crudele e ingiusto, mentre in realtà Dio aveva mostrato il suo amore a Giobbe. Giobbe decise che tutto ciò che poteva fare era mettersi la mano sulla bocca, non dire di più niente e solo ascoltare Dio.
Come possiamo affrontare periodi di sofferenza? Ci chiediamo dopo un lungo periodo di prove, se a Dio importa veramente di noi? Cerchiamo amore e attenzione, e Dio nella sua grazia è pronto e disposto ad amarci e prendersi cura di noi, ma soprattutto dobbiamo ricordare che è Dio che ha permesso questa prova e che ha uno scopo in essa. Dio è sovrano e giusto, pertanto, Egli fa sempre ciò che è giusto.
Quando un credente fa male, può soffrire per quell’errore. D’altra parte però, molte sofferenze nella vita del credente sono permesse per la sua disciplina, non per punizione. Attraverso tale sofferenza Dio forma in lui l’immagine del suo Figlio (cfr. Romani 8:28,29).
“Or noi sappiamo che tutto quello che la legge dice, lo dice per coloro che sono sotto la legge, affinché ogni bocca sia messa a tacere e tutto il mondo sia sottoposto al giudizio di Dio.” (Romani 3:19).
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