Bisogna mettersi concretamente in moto affinché le donne siano davvero libere di poter scegliere la vita. Spesso, la solitudine, la disoccupazione, la scarsità di risorse economiche ed altre difficili situazioni sono motivi che spingono le donne che scoprono una gravidanza indesiderata all’aborto, sentendosi quasi obbligate a questa tragica opzione e non vedendo altra scelta. Non è libertà questa.
Per questo, siamo lieti del fatto che la Regione Piemonte, come leggiamo in un articolo di Avvenire, «ha dato mandato alle Asl di aprire un bando per avviare convenzioni con le associazioni pro life, al fine di dare sostegno alle donne in gravidanza, soprattutto a quelle che vivono la situazione con difficoltà».
Dopo l’emanazione ad agosto delle nuove linee guida del Ministero della salute, che permettono l’aborto con Ru486 fino alla nona settimana di gravidanza e anche in day hospital, l’assessore agli Affari legali della Regione Piemonte, Maurizio Marrone (FdI), aveva manifestato l’intenzione di fermare la somministrazione della pillola abortiva in consultori e day hospital, visti i suoi «dubbi sulla legittimità delle nuove regole (palesemente in contrasto con la legge 194)».
Le motivazioni sono essenzialmente due: l MIFEGYNE (mifepristone e prostaglandine), infatti, come spiegavamo in un altro articolo, «è classificato dall’AIFA ai fini della fornitura come OSP, ossia utilizzabile esclusivamente in ambiente ospedaliero» e non sempre dai consultori sono facilmente raggiungibili per la donna gli ospedali «in caso di sanguinamenti ed altri effetti collaterali importanti che possono presentarsi con frequenza variabile, ma relativamente probabili».
Insomma, questo bando rappresenta un ulteriore passo verso la tutela delle donne, che sarebbero, in tal modo, più facilmente aiutate a rimuovere quelle difficili cause che le conducono all’aborto. E questo impegno per la rimozione delle cause è addirittura previsto dalla legge 194, quindi tutte le polemiche contro gli aiuti dei pro life alle donne sono nettamente sterili.
Claudio Larocca, presidente regionale del Movimento per la vita (FederviPA) spiega: «Il primo servizio è quello di accoglienza e di ascolto: troppo spesso le donne si sentono lasciate completamente sole davanti a una tragica scelta. E poi, se necessario, offriamo alternative e aiuto concreto, avvalendoci di iniziative di aiuto economico come il progetto Gemma. A differenza di quanto si racconta, infatti, ad oggi mancano concreti strumenti pubblici di sostegno materiale alle donne in gravidanza».
Mentre, dunque, il Piemonte compie questi passi in difesa di donne e bambini, l’Umbria rimuove l’obbligo dei tre giorni di ricovero ospedaliero per l’assunzione della Ru486 (che avevano suscitato polemiche perché mettevano in luce i rischi dell’aborto farmacologico e mostravano quindi l’inesattezza dell’equazione “aborto legale = aborto sicuro”), attenendosi alle linee guida nazionali.
Una completa e corretta informazione sugli effetti collaterali dell’aborto chirurgico e farmacologico è ciò che serve, per risvegliare le coscienze e tutelare donne e bambini non nati.