PICCOLE INFAMIE NELLE CARCERI TURCHE

A volte, spesso, alcuni dettagli rivelatori sono in grado – forse – di suscitare una qualche forma di indignazione.
Sappiamo bene che la situazione generale in cui versa da decenni il popolo curdo sembra lasciare indifferente l’opinione pubblica (assuefatta, manipolata, meschina di suo…?) e viene per lo più ignorata dai media (dai bombardamenti turchi in Rojava e Bashur alla tragica, infernale condizione di prigionieri e alla – non certo ultima – questione delle donne curde, sottoposte a molteplici oppressioni…).

Tuttavia un fatto apparentemente – solo apparentemente – secondario, minimale può trasmettere tutto l’orrore, la brutalità di un sistema carcerario. Funzionale sia come deterrente che come anticamera dello sterminio nei confronti di questo popolo non addomesticabile.

E’ questo, a mio avviso, il caso di Şaban Kaygusuz, prigioniero politico curdo con disabilità riconosciuta al 90%. In questi giorni è stato trasferito in una cella di isolamento (privandolo della socialità con gli altri detenuti) nel carcere di tipo T nº 2 di Kayseri-Bünyan.

L’ex guerrigliero aveva perso una mano e una gamba in combattimento.
Ma comunque nell’altra sezione della prigione dove si trovava in precedenza, era in grado di uscire dalla cella e anche di muoversi.
In quanto, stando a quanto riferiscono i suoi familiari, lì “le scale non erano troppo ripide”.
Nella nuova sezione invece per Şaban Kaygusuz è praticamente impossibile salirle o scendere da solo. Infatti sarebbe già caduto varie volte.
Recentemente il prigioniero aveva chiesto di essere trasferito in un carcere di  Dîlok (Antep) vicino a dove vive la sua famiglia. Unica risposta, il recente trasferimanto, quasi una ritorsione.
Şaban Kaygusuz era stato ferito gravemente e catturato dall’esercito turco nell’agosto del 2018 a Siirt (Sêrt). In quella circostanza due suoi compagni erano stati uccisi.Gianni Sartori


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