I nostri figli erano piccolo, uno andava all’asilo l’altro faceva le elementari. Gli affari cominciavano finalmente ad andare abbastanza bene. Gente che prima non mi avrebbe neppure salutato, all’improvviso iniziò a comportarsi amichevolmente. Cominciarono ad arrivarci per posta degli inviti a far parte di organizzazioni di vario genere e a frequentare riunioni; si trattava di gruppi che si occupano di fondi di beneficenza, oppure società, pranzi o associazioni di volontariato. C’erano sempre questioni di dover partecipare a tutto. In base a che cosa sceglievamo? Con che criterio dicevamo di sì o di no? Per molto tempo dissi quasi sempre di si. Stavamo per lasciarci coinvolgere da una serie di relazioni molto superficiali, basate solo su interessi economici. Il tempo che dedicavamo ai figli – le persone che avevamo maggiormente bisogno di noi e che amavamo di più – diveniva sempre più scarso. Mia moglie Patsy, con il suo intuito tipicamente femminile, capì per prima ciò che stava accadendo, ma io ero cieco come una talpa e pensavo: “Siamo arrivati!”. “Si”, aggiungeva Patsy, “Ma nel posto sbagliato”. Una sera, riesaminando i nostri programmi e un mucchio di impegni che ci avrebbero fatto perdere molto tempo, ci balenò in mente questo pensiero: “Perché non scegliere le attività a cui desideriamo dare la precedenza, pensando a chi piangerà al nostro funerale?”. Lo facemmo e questa decisione salvò la nostra famiglia. Questa semplice domanda, “Chi piangerà al nostro funerale?”, elimina chi ci fa perdere tempo a scapito di chi invece ci ama davvero.
Patrick M. Morley
[notiziecristiane.com – Francesco La Manna]
http://storiedifedevissute.blogspot.it/
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