L’espressione “Figlio dell’uomo” ricorre sovente negli Evangeli. In particolare, per un totale di 85 volte. Matteo (32), Marco (15), Luca (26), citano questa espressione sempre riferita da Gesù stesso. Soltanto in Giovanni (12), dieci volte questa espressione è direttamente proferita da Gesù, mentre in due circostanze viene riferita da uomini, in particolare da alcuni suoi accusatori:
Giovanni 12:34 – “Noi abbiamo appreso dalla legge che il Cristo rimane in eterno. Come puoi dire che il Figlio dell’uomo dev’essere innalzato? Chi è questo Figlio dell’uomo?”
Come possiamo osservare, dunque, in questo verso, per ben due volte, l’espressione “figlio dell’uomo” viene utilizzata da labbra critiche e piene di giudizio. Coloro che riferiscono il messaggio mettono in parallelo ciò che dice la Legge con questa espressione propria del maestro Cristo Gesù il Signore. Proprio prima, (Giovanni 12:32) avevano udito dallo stesso Maestro che sarebbe stato innalzato sulla croce. E per loro il problema si poneva in modo drastico: come può il Messia che rimane in eterno, (cfr Salmo 89:37-38; Isaia 9:6), fare questa fine “ingloriosa”? Daniele aveva parlato del figlio dell’uomo, e costui non avrebbe mai cessato di regnare:
Daniele 7:14 – gli furono dati potere, gloria e regno, tutti i popoli, nazioni, lingue lo servivano e il suo potere è un potere eterno che non finirà mai, e il suo regno non sarà mai distrutto.
I suoi ascoltatori ritenevano di essere dinanzi ad un abuso bello e buono della Legge, della Torah. Il Signore Gesù si autoattribuiva un titolo di gloria accostando anche una fine “ingloriosa” e apparentemente contraddicendo la Legge.
L’espressione “figlio dell’uomo” è la descrizione che Cristo da di se, ed è il termine con il quale Egli si collega all’umanità e mostra la sua intima e positiva relazione con la razza umana.
In parte, abbiamo già appreso qualche elemento sul Figlio dell’uomo, proprio dalla descrizione che il profeta Daniele da di Lui. E, come noi tutti sappiamo, la sua morte non metterà fine al suo regno o alla sua esistenza, ma sarà il principio della manifestazione della gloria di Dio. Ma andiamo ancora più in fondo alla questione. E, per farlo, prendiamo come esempio la tentazione di Gesù nel deserto.
Era nel deserto ed era tentato come un uomo qualunque. Fu tentato come rappresentante della razza umana: questa non è una opinione personale, ma è proprio quella che è la sua stessa affermazione.
In risposta alla prima tentazione Egli disse:”E’ scritto, l’uomo non viverà di solo pane”. Questo è un modo equivalente di dire che Egli si trovava nel deserto, in tentazione, al pari di un qualsiasi essere umano immerso nelle tragedie della vita. Stava obbedendo in questo alle condizioni dettate da Dio per l’umanità.
In risposta alla seconda tentazione, Egli disse: “Sta scritto, adorerai il Signore il tuo Dio, e solo a Lui servirai”. In questo modo, il Signore mise se stesso nella sua divinità al pari di altre vite umane e delle loro limitazioni, di obbedire alla Parola di Dio.
In risposta alla terza tentazione, Egli disse:”E’ scritto, non tentare il Signore Dio tuo”. In questo modo egli dichiara che la legge che lo governò è stata esattamente la stessa che avrebbe dovuto governare le altre persone. Dunque, i termini che indicano la sua relazione con l’uomo sono quelle che provano la Sua assoluta regalità con la razza umana, la Sua completa identificazione con l’esperienza umana. Ecco perché “Figlio dell’uomo”.
Ti è piaciuto l'articolo? Sostienici con un "Mi Piace" qui sotto nella nostra pagina Facebook