“Un dipendente pubblico che dice che va a lavorare e poi non ci va, deve essere licenziato”: lo ha detto Marianna Madia per stigmatizzare il comportanto dei cosiddetti “furbetti del cartellino”.
Quasi come dire che “bisognerebbe fare in modo che i furbetti dovrebbero essere licenziati”.
In realtà l’articolo 55 quater del TU 165/2001 introdotto nel nostro ordinamento con l’articolo 69 del decreto legislativo 150/2009 (il cosiddetto “decreto Brunetta”) è chiaro e inequivocabile in quanto prevede che si applichi la sanzione disciplinare del licenziamento nel caso di “falsa attestazione della presenza in servizio, mediante l’alterazione dei sistemi di rilevamento della presenza o con altre modalità fraudolente, ovvero giustificazione dell’assenza dal
servizio mediante una certificazione medica falsa o che attesta falsamente uno stato di malattia”.
La norma, insomma, è in vigore esattamente da 6 anni e non si capisce davvero come mai il ministro Madia si limiti a girare intorno al problema.
A meno che non si voglia dimenticare un aspetto assolutamente centrale di tutta la questione: l’azione disciplinare non è una “facoltà” per l’Amministrazione ma un vero e proprio obbligo, un atto dovuto, tanto che il dirigente che non dovesse procedere in tal senso sarebbe a sua volta sanzionabile. Insomma, la falsa attestazione della presenza in servizio dovrebbe dare obbligatoriamente luogo ad un provvedimento di licenziamento.
Ma, se è così, si potrebbe correre il rischio che alcuni uffici pubblici vengano dimezzati dall’oggi al domani: ci si può permettere che gli uffici di un Comune o di un altro ente pubblico siano messi “fuori servizio” semplicemente perchè si applica il “55 quater” voluto a suo tempo dal ministro Brunetta?
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