Nguyen Cong Chinh, 44 anni, è stato condannato a 11 anni di prigione nel marzo 2012 per aver “minato l’unità nazionale”. Secondo al denuncia della moglie, egli avrebbe subito attacchi in cella ma le guardie non sono mai intervenute. Egli presenta ferite al corpo e al volto. Gli incontri della coppia filmati e registrati.
Hanoi – “Temo per la sua vita, perché è stato più volte vittima di attacchi violenti da parte di altri detenuti”. La denuncia arriva dalla signora Nguyen Thi Hong, moglie del cristiano protestante Nguyen Cong Chinh (nella foto), imprigionato nel carcere di An Phuoc e vittima di maltrattamenti e abusi perpetrarti da guardie e compagni di cella. L’uomo, un 44enne pastore mennonita, è stato arrestato dalla polizia nell’aprile 2011 e condannato nel marzo dell’anno scorso a 11 anni di galera. A suo carico le accuse – pretestuose e funzionali all’opera di repressione delle voci critiche da parte del regime comunista – di “aver minato l’unità nazionale” e di aver “preso parte in modo attivo a movimenti che si oppongono allo Stato”.
Il 18 agosto scorso, durante una vista in carcere al marito, la signora Nguyen Thi Hong è rimasta impietrita dalla faccia del marito, che mostrava segni evidenti di percosse e abusi. Egli le ha spiegato che sono conseguenza di ripetuti assalti di compagni di prigionia, che lo hanno più volte attaccato senza motivo. Il pastore ha inoltre aggiunto che, nonostante la denuncia alle autorità carcerarie, non vi sono state azioni concrete e i vertici della prigione non hanno fatto nulla per impedire nuovi attacchi, che si verificano tuttora impuniti.
Nel corso dell’ultima visita, il 15 ottobre, la coppia ha potuto incontrarsi per un’ora sotto lo sguardo dei secondini, che hanno filmato con una telecamera e registrato le loro parole. Attorno agli occhi l’uomo presentava ecchimosi evidenti; il pastore ha ripetuto che la sua vita è “in pericolo”, perché vittima di altri due attacchi.
Il pastore Nguyen Cong Chinh, 43 anni, è nato nel 1969 nella provincia di Quang Nam e ha esercitato il suo ministero nella città di Pleiku, sugli Altipiani centrali. Egli è stato incriminato per aver spedito documenti a movimenti “anti-rivoluzionari” in Vietnam e all’estero. In passato è stato vittima di attacchi mirati, fra cui la distruzione della casa di preghiera e la confisca delle proprietà; dal 1998 viveva nella provincia di Gia Lai senza documenti di identità, a causa del rifiuto opposto dalle autorità.
Il processo è durato un solo giorno e si è tenuto ieri nella provincia di Gia Lai, dove l’uomo è stato arrestato nell’aprile 2011. Per gli attivisti di Human Rights Watch (Hrw) la condanna è stata “l’ennesima dimostrazione” delle violazioni al principio della libertà religiosa operato dal governo di Hanoi. Una repressione che si abbatte, in particolare, nei confronti dei gruppi minoritari e delle sette che non sono affiliate alle associazioni religiose riconosciute dallo Stato.
Ma vediamo chi sono gli evangelici mennoniti. I mennoniti costituiscono la più numerosa delle chiese anabattiste. Devono il loro nome a Menno Simons (1496-1561), che assicurò, riorganizzandoli, la sopravvivenza degli anabattisti olandesi dopo che questi stavano attraversando un periodo di gravissima crisi, in seguito agli eventi di Münster (1535).
Ad oggi si contano più di un milione e mezzo di mennoniti nel mondo, soprattutto negli Stati Uniti, sulle coste caraibiche in Honduras, in Paraguay (soprattutto tra i discendenti degli immigrati tedeschi), in Canada, in Africa e in India; in Vietnam non sono riconosciuti in via ufficiale.
L’idea alla base della dottrina mennonita è quella di un ritorno alle origini della Chiesa cristiana che, secondo loro, è stata rovinata da secoli di teologia e di lotta per il potere, andando sempre più allontanandosi da ciò che loro ritengono essere il messaggio originale di Cristo. I mennoniti rifiutano tutti gli scritti dei padri della Chiesa e in generale la Chiesa per come era stata intesa in seguito al concilio di Nicea.
Come tutti gli anabattisti i mennoniti sono fortemente contrari al battesimo di bambini; addirittura Menno Simons arrivò ad affermare che il declino della Chiesa incominciò nel 407, anno in cui il papa Innocenzo I (402-417) introdusse il battesimo obbligatorio per tutti gli infanti.
I mennoniti rifiutano di prestare giuramento e non concepiscono il servizio militare. A questo proposito bisogna osservare che in virtù di accordi particolari, molto rispettosi del loro pacifismo, siglati da Stati che li ospitavano, alcuni mennoniti hanno potuto evitare di combattere la seconda guerra mondiale.
L’obiettivo dei mennoniti è quello di creare delle comunità di santi, basate su povertà e carità. Nelle intenzioni queste comunità si dovrebbero avvicinare molto alle prime comunità cristiane, chiuse al mondo esterno, fortemente disciplinate. I mennoniti, infatti, non hanno particolare interesse nel proselitismo; inoltre le loro congregazioni locali sono dotate di larghissima autonomia: gli organi centrali servono più da collegamento che in effetti per unificare dottrine e pratiche religiose.
I mennoniti oggi continuano a combattere il lusso eccessivo e a vivere relativamente appartati rispetto alla società circostante, ma di fatto hanno finito per accettare l’etica sociale calvinista, allontanandosi dall’originale ascesi anabattista.
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