Parole che resistono al tempo!

mlkLa Forza di Amare, di Martin Luther King

Vorrei parlarvi di un uomo buono, la cui vita esemplare sarà sempre una luce sfolgorante capace di tormentare la sonnacchiosa coscienza dell’umanità. La sua bontà non consisteva in un passivo abbandono ad un particolare credo, ma nell’attiva partecipazione ad azioni di salvezza; non in un pellegrinaggio morale che raggiungeva il suo punto di destinazione, ma nella morale dell’amore con la quale egli compiva il suo viaggio attraverso la strada maestra della vita: era buono perché era un prossimo.

L’interesse morale di quest’uomo è espresso in una meravigliosa storia breve, che comincia con una discussione teologica sul significato della vita eterna, e si conclude con una concreta manifestazione di compassione su di una strada pericolosa. A Gesù viene posta una domanda da un uomo che si era formato nelle sottigliezze della legge giudaica: <<Maestro, che cosa devo fare per avere la vita eterna?>>. La risposta è pronta: <<Che cosa è scritto nella legge? Tu cosa ci leggi?>>. Dopo un momento, il dottore della legge recita immediatamente: <<Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutte le tue forze e con tutta la tua mente; e il prossimo tuo come te stesso>>. Allora viene da Gesù la parola decisiva: <<Hai risposto bene; fa questo, e vivrai>>.

Il dottore della legge rimase male. <<Perché>>, avrebbe potuto domandare la gente, <<un esperto della legge avrebbe dovuto fare una domanda a cui anche un novizio poteva rispondere?>>. Volendo giustificare se stesso e mostrare che la risposta di Gesù era tutt’altro che conclusiva, il dottore della legge domanda: <<E chi è il mio prossimo?>>. Egli si stava ora impegnando in un dibattito vigoroso che avrebbe potuto trasformare la conversazione in un’astratta disputa teologica. Ma Gesù, deciso a non lasciarsi prendere nella ‘paralisi dell’analisi’, strappa la domanda da mezz’aria dov’era sospesa e la colloca in una pericolosa curva tra Gerusalemme e Gerico.

Chi è il mio prossimo? <<Non conosco il suo nome>>, dice Gesù in sostanza. <<E’ chiunque verso cui voi agite da buon vicino. E’ chiunque giace nel bisogno all’angolo della strada della vita. Non è giudeo né gentile, né russo né americano, né nero né bianco. E’ “un uomo” – ogni uomo in bisogno – in una delle numerose strade della vita>>. Così Gesù definisce il prossimo, non con una definizione teologica, ma con una situazione vitale.

In che consisteva la bontà del buon samaritano? Perché egli sarà sempre un paragone ispiratore della virtù dell’amicizia? Mi sembra che la bontà di quest’uomo possa essere descritta con una sola parola: altruismo. Il buon samaritano era altruista nell’intimo. Che cos’è l’altruismo? Il dizionario definisce l’altruismo come <<considerazione per, dedizione all’interesse degli altri>>. Il samaritano era buono perché faceva della premura per gli altri la prima legge della sua vita.

Il buon samaritano rappresenta la coscienza dell’umanità, perché egli pure obbediva a un comandamento non coercitivo: nessuna legge al mondo poteva produrre una così pura compassione, un così genuino amore, un così completo altruismo.

Come non mai prima d’ora, amici miei, gli uomini di tutte le razze e nazionalità sono oggi chiamati ad essere “prossimi” gli uni verso gli altri. L’appello ad una politica mondiale di buon vicinato è assai più che effimera parola d’ordine: è l’appello ad una forma di vita capace di trasformare la nostra imminente elegia cosmica in un salmo di pienezza creativa. Non possiamo più a lungo permetterci il lusso di tirare dritto dall’altra parte: una tale follia si chiamava una volta fallimento morale, oggi porterebbe al suicidio universale.

Non possiamo sopravvivere a lungo separati spiritualmente in un mondo che è unito dal punto di vista geografico. In ultima analisi, io non devo ignorare l’uomo ferito sulla strada di Gerico della vita, perché egli è parte di me ed io sono parte di lui: la sua agonia mi diminuisce, la sua salvezza mi accresce.

Nel nostro tentativo di fare dell’amore del prossimo una realtà, noi abbiamo, a guidarci, oltre all’esempio ispiratore del buon samaritano, la magnanima vita del nostro Cristo.

Il suo altruismo era universale, perché egli considerava tutti gli uomini, anche i pubblicani e i peccatori, come fratelli.

Il suo altruismo era rischioso, perché egli spontaneamente percorreva vie pericolose per una causa che conosceva giusta.

Il suo altruismo era eccessivo, perché egli scelse di morire sul Calvario, la manifestazione, meravigliosa in tutta la storia, di obbedienza a leggi non coercitive.

Lorenza Perrotta


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