Se guardassimo con attenzione la storia ci renderemmo conto che epidemie e pandemie si sono susseguite nel tempo.
Le prime notizie di malattie contagiose si trovano nella Bibbia, dall’antico al nuovo testamento: (2 Samuele, 24:15); (Lc, 21, 11) per giungere alla peste Giustinianea (541-542 a.C.); alla Peste ateniese, (430-426 a.C.); alla peste Antonina, (dal 130 d.C in poi); alla Spagnola, (1918-1920In tempi più recenti l’influenza asiatica e la Sars, fino ai giorni del coronavirus (Covid-19). Di per sé, ogni tragedia non solo pone gli interrogativi all’uomo e sull’uomo, ma ci immerge in un dramma esistenziale e sociale circa la precarietà della vita e l’andamento della stessa. Senza ombra di dubbio un’epidemia, e la paura del contagio, costituisce un evento altamente traumatico che influisce sul singolo con il cosiddetto disturbo post traumatico da stress (PTSD sofferenze psicologiche che conseguono ad un evento traumatico, catastrofico o violento), nonché sulla società, sulla politica, sulla economia e sulla cultura di un popolo. Ne sono testimonianza i poemi dell’Iliade, del Decamerone, dei Promessi Sposi fino ad Albert Camus con il romanzo “la peste” del 1947, che ne segnano le influenze. Sta di fatto che la malattia mette a nudo le nostre certezze rimettendo in discussione il vivere stesso dell’uomo. E riflette lo storico, Ernesto Galli della Loggia, professore di storia contemporanea: «È come se da millenni fosse in corso una interminabile lotta fra noi umani e il nostro luogo di provenienza, cioè la natura. Anche noi poi abbiamo contribuito con l’inquinamento ambientale: pensiamo solo al ruolo che l’uomo ha avuto nello sterminio delle api… ma ricordiamoci anche che nessuna pandemia è stata più forte dell’uomo», (https://www.corriere.it/dataroom-milena-gabanelli/dalla-peste-coronavirus-come-pandemie-hanno-cambiato-storia-dell-uomo/d71a9986-6dfd-11ea-9b88-27b94f5268fe-va.shtml?refresh_ce-cp).
Ogni pandemia rivoluziona e mette in crisi le condizioni sociali, culturali e politiche perché ci si accorge che in momenti di emergenza non si hanno attrezzature sufficienti per fronteggiare un pericolo sanitario mentre depositi di armi e munizioni di uno stato sono pieni all’inverosimile. Ci si accorge che negli ultimi dieci anni, in Italia, vi è stato un taglio alle spese sanitarie di circa 37 miliardi di euro, mentre sono saliti di 25 miliardi le spese militari; Negli stati uniti vi è stato negli ultimi anni un notevole investimenti in settori delle armi con corsi per minori ‘su misura’ da parte di potenti lobby delle armi, (National Rifle Association (Nra) (http://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/2014/05/30/ansa-usa-bimbi-con-la-pistola-al-poligono-imparano-a-sparare_25026f9c-b7ad-4c14-a73b-5e014b815640.html).
Ma in momenti critici meglio soffermarsi alla corsa di solidarietà tra gli stati, ma uno stato si dovrebbe interrogare della sua politica. Una politica che ha messo al centro del suo interesse l’uomo o il profitto? Memore della tradizione biblica e spirituale, le grandi tragedie ci invitano alla conversione, personale e sociale. Riflettere in modo critico su come siamo stati parte di un sistema dove l’uomo con i suoi bisogni è considerato il prodotto di mercato. A livello personale e sociale, le malattie infettive rendono evidente la nostra fragilità umana, per cui una presa di umile coscienza dovrebbe stringersi ad una solidarietà condivisa dove gli uni aiutano glia altri con disinteresse. Prevista 2000 e passa anni fa dalla psicoterapeutica di Gesù «amatevi gli uni gli altri» (Gv 15,12).
Per una sana riflessione è doveroso sottolineare che Dio non ci invia punizioni sotto forma di infezioni virali e pandemie ma ci invita, attraverso i segni dei tempi, a ripensarci nelle nostre responsabilità legate al nostro stile di vita, a come trattiamo la natura, a come facciamo politica, a come rispettiamo il prossimo, per poter intervenire modificando il nostro modo di agire e di vivere, allo scopo di ritrovare la propria vocazione alla vita (Riccardi. P., Ogni vita è una vocazione, per un ritrovato ben-essere; ed. Cittadella Assisi 2014).
Pasquale Riccardi D’Alise
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