Nonostante l’emergenza sanitaria prosegue il lavoro dell’ambulatorio medico del “Sermig” di Torino. Stranieri e persone indigenti possono ricevere farmaci e visite gratuite.
(ve/ln) Mentre la pandemia da Covid19 continua la sua corsa, gli ultimi della società sono coloro che rischiano di più. Non è vero che l’emergenza Coronavirus è uguale per tutti, che tutti siamo sulla stessa barca. Si pensi ad esempio a coloro che non hanno una casa, oppure vivono in condizioni precarie, in abitazioni fatiscenti, prive di quei dispositivi di igiene che possono fare la differenza. Queste persone sono più vulnerabili.
La solidarietà non si ferma
A Torino, nel quartiere multietnico Borgo Dora, 20 anni fa nasceva un ambulatorio medico per stranieri nell’ambito del “Sermig – Arsenale della pace”. Si tratta di una struttura sanitaria che si occupa delle persone più svantaggiate: stranieri ma anche italiani indigenti, persone che vivono forme varie di disagio sociale ed economico.
Luciano Griso, in Libano
L’assistenza medica gratuita non si ferma, anche e più che mai in questi mesi di emergenza sanitaria
Il medico evangelico Luciano Griso ha una lunga esperienza di lavoro a favore degli ultimi. Per la Federazione delle Chiese evangeliche in Italia ha lavorato fin dal gennaio del 2016 in Libano, con i profughi siriani beneficiari dei corridoi umanitari verso l’Italia.
Rientrato da poco dal Libano, ha deciso di proseguire il suo lavoro volontario presso l’ambulatorio medico in Borgo Dora a Torino.
Un luogo di frontiera
“Dal punto di vista medico – spiega Griso – le persone che si rivolgono all’ambulatorio hanno bisogno di solito di visite specialistiche, ma anche di ottenere farmaci gratuitamente, perché non sarebbero in grado di sostenere le spese per le medicine: questi sono i servizi che noi offriamo”.
Un luogo di frontiera, dunque, in cui le misure di sicurezza necessarie in tempo di Coronavirus si sommano alla complessità dei casi medici che devono essere gestiti ogni giorno; in una fase in cui, in Italia come in tutta Europa, gli ospedali sono già fortemente sotto pressione.
Pur essendo il Piemonte, come tutta l’Italia, in piena pandemia, la solidarietà non si ferma. “Questa pandemia – spiega il medico evangelico – ci costringe a stare in casa. Questo da una parte può essere un aspetto positivo, perché ci consente di recuperare un’attitudine alla riflessione e all’introspezione che oggi è sempre più rara. Ma d’altra parte – prosegue Luciano Griso – questa condizione ci porta a ridurre l’interesse per ciò che accade intorno a noi. Il rischio è di chiudersi di fronte ai tanti bisogni che la società continua d avere”. Questa condizione di isolamento sociale potrebbe portarci a pensare “che l’epidemia sia uguale per tutti”, aggiunge Griso. “Ma questo non è vero. Non dobbiamo dimenticare che c’è chi non ha una casa, non può andare dal medico, non ha un pasto caldo né un letto. La solidarietà, di fronte alla condizione di disagio di tante persone nelle nostre città, è un aspetto imprescindibile”.
Dal Libano all’Italia
Luciano Griso lavora come medico al progetto dei Corridoi umanitari fin dal loro nascere, quattro anni fa. Un impegno a favore dei profughi, che è in continuità con quanto sta facendo adesso a Torino. “La solidarietà è un valore irrinunciabile, per una società che voglia definirsi civile”, dice. “Non dobbiamo abbandonare gli ultimi al loro destino. Per dirla come credente: Se non amiamo il nostro prossimo, che possiamo vedere, come ameremo Dio, che non possiamo vedere?”.
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