In Pakistan nascono più di mille tribunali per le donne. Si sono resi necessari perché la giustizia ordinaria è troppo succube dell’ideologia islamista. Che non difende le donne dalle aggressioni, ma anzi le segrega. L’ideologia dominante è anche qui quella dei Fratelli Musulmani. Proprio gli alleati dei progressisti occidentali.
Mille tribunali a difesa delle donne. Per la precisione 1.061, almeno uno in ogni distretto del paese. Siamo in Pakistan, dove le aggressioni con l’acido sono una prassi consolidata, un’evoluzione delle tecniche di violenza nei confronti delle donne, in aggiunta a botte, stupri, rapimenti delitti d’onore. Nel 2018, riporta il Messaggero, la Commissione per i Diritti Umani pakistana ha contato 845 violenze sessuali ufficialmente certificate, ma quelle effettive sono molte di più, perché la paura di denunciare, di non trovare ascolto nelle autorità, di subire sanzioni di natura sociale e ulteriori soprusi, impedisce alle donne pakistane di ribellarsi e chiedere giustizia.
La decisione d’istituire delle corti speciali distribuite in tutto il territorio nazionale risponde dunque all’esigenza di garantire alle donne un punto di riferimento certo e affidabile a cui potersi rivolgere, dove trovare magistrati dalla visione laica e moderata, sensibili verso il rispetto dei diritti umani e delle donne. I tribunali pakistani si sono infatti spesso dimostrati tanto fondamentalisti quanto i talebani e le altre forze estremiste che tengono in ostaggio il paese ormai da decenni. Basti pensare alle numerose condanne per blasfemia di cui sono vittima principalmente le minoranze, come quella cristiana.
Il fondamentalismo è riuscito a penetrare nei gangli vitali delle istituzioni e la giustizia è una delle principali casematte del potere. I nuovi tribunali a difesa delle donne non avranno pertanto vita facile. Saranno sicuramente oggetto di polemiche e attacchi da parte della componente radicale. Si tratta di una guerra sociale e culturale, che necessita di grande coraggio e determinazione per essere portata avanti. Gli estremisti non si fanno scrupoli a uccidere, come già dimostrato in numerose circostanze.
Ma qual è la matrice ideologica che giustifica e incentiva un tale accanimento contro le donne? È sempre la stessa, in Pakistan come nel resto del mondo a maggioranza islamica: i Fratelli Musulmani. Anche nell’Asia sud-occidentale, nel sub-continente indiano, il binomio Hassan Al Banna-Said Qutb è la piattaforma su cui poggia l’intero edificio del fondamentalismo contemporaneo che sfocia nel terrorismo jihadista di Al Qaeda e ISIS. Nel mondo arabo, è stato lo sheikh del Terrore egiziano e telepredicatore di Al Jazeera, Yusuf Al Qaradawi, a dare continuità alla linea di pensiero dei due cattivi maestri della Fratellanza, con il supporto del Qatar degli emiri Al Thani e della Turchia di Erdogan. In Pakistan, invece, il principale propagatore del fondamentalismo dei Fratelli Musulmani porta il nome di Abul Ala Mawdudi. Teorico, scrittore e figura di culto dell’islamismo politico asiatico, Mawdudi è stato il fondatore del partito Jamaat Al Islamiyya, che ha avuto un’influenza nefasta nella storia del Pakistan, ma anche del Bangladesh, causando le derive estremiste di entrambi i paesi. Oggi, sia la Jamaat pakistana che quella bengalese mantengono stretti legami con il partito islamista Akp del presidente turco Erdogan.
Secondo le Leggi divine per i movimenti delle donne formulate da Mawdudi, la segregazione tra i sessi è essenziale per la giustizia e il progresso della società. Le donne devono svolgere attività rigorosamente diverse dagli uomini, sulla base delle loro naturali attitudini fisiche e mentali, e devono lasciare le mura domestiche solo se strettamente necessario. Il concetto di “women empowerment” coniato nell’ambito della modernità occidentale “de-femminilizza” le donne, impedendogli di esercitare il ruolo di “custodi dell’Islam”. Quello che accade nel Pakistan di oggi, come nel vicino Afghanistan e oltre, è conseguenza dell’approccio di Mawdudi, lo sheikh capostipite dei Fratelli Musulmani in Asia.
La sfida per le donne pakistane è di enorme portata e l’istituzione dei tribunali speciali segnala il passaggio alla controffensiva nella lotta per i diritti. È una guerra e la sensazione è che le donne pakistane siano in fondo da sole a combatterla. Le libere donne occidentali, che non sono nate in un contesto marchiato dall’ideologia dei Fratelli Musulmani, continuano a manifestare una sostanziale indifferenza verso le sorti delle donne che soffrono in altri paesi e aree del mondo dove a dominare sono i frutti della predicazione di Qaradawi e Mawdudi.
Anzi, paradossalmente, vi sono donne in Occidente che si prodigano per favorire l’ascesa dei Fratelli Musulmani. Sono le donne di sinistra, possedute insieme ai colleghi uomini dal demone del presunto multiculturalismo, che arriva a legittimare anche il fondamentalismo. Il caso del PD in Italia è emblematico. Promuovere a livello politico e mediatico figure femminili solo ed esclusivamente perché velate e affiliate ai Fratelli Musulmani, è un contributo essenziale per l’avanzata dell’agenda islamista perseguita dalla Fratellanza, volta a erodere progressivamente i diritti di tutte le donne e non solo di quelle di religione islamica.
L’obiettivo ultimo è la sottomissione della donna, pilastro dell’ideologia dei Fratelli Musulmani e dei regimi e delle forze politiche, sociali e culturali che vi fanno riferimento e che sfruttano il fattore religioso per dare sacralità divina alle Leggi teorizzate da pensatori del male come Mawdudi. La Jamaat Al Islamiyya in Pakistan e Bangladesh, il regime khomeinista in Iran, Hamas a Gaza, Erdogan in Turchia, tutte le organizzazioni e i militanti della rete islamista dei Fratelli Musulmani in Europa sostenuta dal Qatar, il grande banchiere del fondamentalismo come documentato nel libro inchiesta Qatar Papers, e dalla sinistra occidentale multiculti: sono i nemici dei diritti delle donne di tutto il mondo. La guerra continua.
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