Sono ore di attesa per avere notizie dei tre prigionieri mostrati ieri in un video dal movimento che controlla la Striscia. La diplomazia di Bangkok e Kathmandu al lavoro per aver informazioni sui connazionali. Alla manifestazione di Tel Aviv anche la madre, malata terminale, della ragazza israelo-cinese ripresa nel video al momento del sequestro.
Gerusalemme (AsiaNews) – In queste ore di attesa sulla sorte dei tre ostaggi nelle mani di Hamas a Gaza – apparsi ieri in un video diffuso dai miliziani, annunciando per oggi notizie sulla loro sorte – diverse nazioni dell’Asia dalla Thailandia al Nepal si interrogano sulla situazione e la sorte dei concittadini sequestrati. Essi rappresentano il “volto dimenticato” di questa tragedia che, innescata dall’attacco di Hamas del 7 ottobre, ha causato 1200 vittime sul versante israeliano e oltre 24mila morti palestinesi, in maggioranza civili, nella guerra scatenata dallo Stato ebraico a Gaza.
Nei giorni scorsi Walid Abu Ali, ambasciatore palestinese in Thailandia residente a Kuala Lumpur, ha assicurato pieno sostegno negli sforzi volti al rilascio dei cittadini della nazione asiatica detenuti dal movimento estremista nella Striscia. Sono almeno otto, di cui l’ambasciata thai a Tel Aviv ha reso noti i nomi e promosso una manifestazione ieri per chiederne il rilascio.
Incontrando il vice-primo ministro e titolare degli Esteri Parnpree Bahiddha-nukara, i due alti funzionari hanno discusso della questione e approfondito il tema delle relazioni bilaterali, oltre ad allargare lo sguardo sulla situazione in generale in Medio oriente. “Entrambe le parti – ha detto Walid – hanno espresso soddisfazione” per le relazioni e hanno espresso la “disponibilità” a “promuovere le relazioni thailandesi-palestinesi in potenziali aree di reciproco interesse, in particolare turismo e promozione del commercio”.
Parnpree ha sottolineato l’impegno della Thailandia volto a rafforzare la cooperazione per la sicurezza e la sostenibilità della Palestina. Bangkok ha fornito “con costanza”, ricorda il ministro, “un contributo finanziario” all’agenzia Onu per i rifugiati palestinesi in Medio oriente dal 1978 e, di recente, ha garantito 80mila dollari “in risposta all’appello lampo dell’Unrwa in seguito alla situazione umanitaria a Gaza”. La Thailandia ha riconosciuto ufficialmente lo Stato di Palestina il 17 gennaio 2012 e stabilito relazioni diplomatiche il primo agosto dello stesso anno.
Oltre alla Thailandia, anche in Nepal vi è apprensione per la sorte dello studente nepalese Bipin Joshi ancora ostaggio nella Striscia. A fine novembre la rappresentanza diplomatica di Kathmandu a Tel Aviv aveva annunciato un possibile rilascio nelle settimane successive, ma finora non si sono registrati passi in avanti significativi nelle trattative fra le parti. Nell’attacco terrorista di Hamas del 7 ottobre scorso erano morti 10 studenti nepalesi giunti in Israele nell’ambito del programma “Impara e guadagna”; altri quattro sono rimasti feriti. Joshi è uno dei 17 studenti nepalesi che vivevano nel Kibbutz Alumim nel sud, vicino alla Striscia di Gaza, teatro dell’attacco.
Fra gli ostaggi stranieri o con doppia nazionalità vi è anche Noa Argamani, la ragazza israeliana di origini cinesi fra i partecipanti al “Supernova” festival, diventata famosa per il video del rapimento che ha fatto il giro del mondo, con la mano tesa e il terrore dipinto sul volto. La madre Liora Argamani – che vive nella Repubblica popolare cinese – era fra quanti hanno partecipato ieri alla manifestazione a Tel Aviv per ricordare i 100 giorni di prigionia degli ostaggi e ha rinnovato l’appello al presidente Usa Joe Biden di rivedere sua figlia prima di morire per un cancro in fase terminale. “Sono malata terminale di cancro al cervello al quarto stadio. Tutto ciò che mi passa per la testa prima di separarmi per sempre dalla mia famiglia – aveva scritto in precedenza all’inquilino della Casa Bianca – è la possibilità di abbracciare mia figlia, la mia unica figlia, un’ultima volta”. “Merita di tornare al suo posto, inseguendo i suoi sogni, circondata da amore e cure. Merita di vedere sua madre viva un’ultima volta”.
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