Opinione di un cristiano su eutanasia e affini

Mentre negli Archivi della Tempesta potete ritrovare il post “Bestemmia”, in memoria della furia che mi prese quando l’allora governo Berlusconi scelse di fare un decreto ad hoc sul caso Eluana Englaro, dico la mia in merito al fine vita, senza entrare nel merito delle scelte personali.

Da cristiano rinnovato, so che la vita è un dono e so che la fede, per la sua stessa esistenza, poco è conciliabile con la ragione. Io credo nei miracoli, tante persone no. Ma non si può farne una colpa.

Anche perché c’è un errore di base, che è quello della razionalizzazione della fede e la cultura della sofferenza che è tipica dell’imprinting cattolico. Ma se uno va a leggersi la Bibbia, non troverà un solo versetto dove è scritto che è giusto che si soffra, che uno debba essere infermo, paraplegico o che debba morire di SLA. Non è scritto ed è qui che sbagliano i cattolici razionalisti: non è scritto da nessuna parte che noi siamo nati per soffrire.

La Bibbia è un inno alla Vita ragion per cui, anziché paragonare l’eutanasia alla Shoah, occorrerebbe tirare in ballo il libero arbitrio: come si può scegliere se credere o no a Dio, si può scegliere se vivere o morire. Ma nessuno può, o deve farlo per te.

Ora, con la fede, tocca a ogni singola persona vedersela con l’Eterno (ma cercate e troverete, è scritto, bussate e vi sarà aperto) e se una persona la fede non ce l’ha, siamo ai livelli di Don Abbondio: non glie la possiamo dare noi.

Conoscevo una persona, loquace e di gran chiacchiera che finì i suoi giorni a letto, immobilizzato e impossibilitato a fare qualsiasi cosa, poteva comunicare solo con un campanello. Ignoro che fede avesse, però aveva voglia di vivere. Altre persone vedono passare i giorni come i condannati nel braccio della morte, e sperano solo che quei giorni si accorcino il più possibile.

Un paese civile, dove si rispettano le libertà individuali, non dovrebbe legiferare sull’eutanasia, ma dovrebbe assicurare alle persone il rispetto delle proprie scelte.

Una persona di fede dovrebbe limitarsi in questi casi a portare conforto, che non è il conforto della sofferenza ma della risurrezione: al resto ci pensa la fede se scatta una scintilla dentro coloro che soffrono.

In assenza di questo, ogni altra questione diventa razionale e quindi inutile. La sconfitta non è quando una persona sceglie deliberatamente e autonomamente di morire, la sconfitta, per un cristiano, è non essere riuscito a portare la luce della fede che può riaccendere la speranza. Pazienza se pensate che non sia possibile, la fede non ragiona. Ma se non si porta la fede, non si può pretendere che le persone muoiano un pezzo alla volta, ogni giorno che resta.

Stefano Bonacorsi

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