Il nome del decreto di fine anno con cui qualsiasi governo in carica vara una serie di provvedimenti “a pioggia”, molto differenti tra loro, la dice tutta sulla lungimiranza della politica italiana. “Milleproroghe”: questo da decenni il titolo di una normativa omnibus, che contiene tutto e il contrario di tutto, dallo spostamento della scadenza degli sfratti ai contributi per questo o quel potentato locale amico dell’onorevole.Da due anni assistiamo a un’altra proroga, quella della chiusura degli OPG, i manicomi giudiziari. Ricapitoliamo gli eventi: il 26 gennaio 2012 il Senato approva definitivamente la chiusura degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari, ultime vestigia di quel “sistema manicomiale”, smantellato dalla legge Basaglia. Gli OPG dovevano essere definitivamente sigillati entro il 31 marzo 2013: al loro posto istituti di piccole dimensioni in cui finalmente i pazienti/carcerati potevano esser trattati in maniera adeguata o, almeno, non in maniera bestiale e degradante, come continua ad avvenire anche oggi. Le associazioni per i diritti di questi reclusi, insieme a quanti lottano per i diritti civili, avevano accolto molto positivamente questa conquista di civiltà: una volta tanto anche l’Italia progrediva nel cammino dello sviluppo umano.
La soddisfazione durò poco. Alcuni mesi dopo ecco la doccia fredda: non ci sono soldi, chiusura rimandata. Intanto emergeva la drammatica condizione delle carceri italiane, una vera onta per il paese e un simbolo inequivocabile della nostra arretratezza culturale prima che politica. Le carceri sono lo specchio della tutela dei diritti dell’intera società, dei cittadini liberi e ben pensanti. A un livello ancora inferiore stanno i manicomi giudiziari, luoghi in cui la parola diritto non ha significato.
Alla fine del 2012 la conferma: la chiusura degli OPG è rinviata al 1 aprile 2014.Ovviamente nessuno ci credeva più, nonostante le rassicurazioni governative. Tutti sapevano invece che la situazione andava peggiorando, che le carceri sprofondavano e che i “matti” pericolosi avrebbero dovuto ancora aspettare. Come volevasi dimostrare ecco alla fine di novembre 2013 il nuovo rinvio.
Si legge sul sito Superabile.it: “Non saranno sicuramente pronte per l’1 aprile 2014, data indicata per la definitiva chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari, le 43 nuove strutture denominate Rems (Residenze per l’esecuzione della misura di sicurezza sanitaria) programmate dalle regioni per ospitare gli attuali internati in opg. È quanto emerge dalla “Relazione dei Ministri della Giustizia e della Salute al Parlamento sul Programma di superamento degli Opg al 30/11/2013”. La relazione, che ha reso pubblici i programmi regionali per l’utilizzo dei 173,8 milioni di euroin conto capitale destinati dal ministero della Salute a interventi strutturali per l’attuazione della legge 57/2013 per il superamento degli opg, afferma: “Il termine previsto dalla normativa vigente per il superamento degli Opg, 1 aprile 2014, non è risultato congruo, soprattutto per i tempi di realizzazione delle strutture, fase che si deve confrontare con una serie di procedure amministrative complesse”.
Per il Comitato “Stop Opg” “il problema non è il ritardo nella costruzione delle Rems, quanto evitare che la chiusura degli attuali opg si trasformi in una ‘regionalizzazione’ degli stessi”. Proprio con le Rems si rischia l’apertura di decine di manicomi regionali”, spiega una nota sul sito www.stopopg.it. Per il comitato “bisogna concentrare il finanziamento e l’attenzione dei programmi regionali sui percorsi di dimissione e sulle misure alternative a quelle detentive, previste dalle norme vigenti e dalle sentenze n. 253/2003 e 367/2004 della Corte Costituzionale”, ovvero “orientare i finanziamenti verso i Dipartimenti di salute mentale” (Dsm).
Dietro queste cifre asettiche si nasconde un’umanità dolente, meritatamente portata alla luce dal quotidiano Avvenire nella sua prima uscita del 2014 (qui visibile in .pdf). Il numero degli internati è stabile (circa 1000 in tutta Italia), i ricoveri continuano, mentre sta scemando l’attenzione intorno al problema.
Ci sono ovviamente molte scuse da addurre, dalla crisi economica al bisogno di “sicurezza”. Anche i malati mentali però hanno diritti ed è proprio in questi momenti difficili per tutti che ce ne dovremmo ricordare. Per non restare ancora una volta indietro. [PGC]
Fonte: http://www.unimondo.org/
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