Onore a Brett e Naghemeh, i due genitori che lottano con tutte le forze per Ashya, il loro bambino destinato a morire

I genitori di Ashya King in conferenza stampa a Siviglia

I genitori di Ashya King in conferenza stampa a SivigliaIn un’Europa che consente l’eutanasia sui minori, l’esempio di questa coppia è un formidabile monito a chi pensa che sia giusto sopprimere bambini dati ormai per “spacciati”.

Brett e Naghemeh King hanno potuto riabbracciare il figlio Ashya. La coppia ha riottenuto la libertà dopo che  il Crown Prosecution Service, la procura inglese, ha ritirato il mandato di cattura internazionale che pendeva sulle loro teste e che aveva portato all’arresto in Spagna.

UN SOLO MESE DI VITA. La vicenda – che in Inghilterra è diventato un vero e proprio caso, dividendo l’opinione pubblica – riguarda i genitori di un bambino di cinque anni e malato di cancro. Il piccolo era stato ricoverato e operato al Southampton General Hospital, ma con esiti insoddisfacenti tanto che gli era stato prospettato un solo un mese di vita. Così Brett e Naghemeh hanno chiesto che sul bambino fosse provata la terapia protonica (una cura nota e accreditata) che però è stata negata. A quel punto, i due genitori hanno preso il bambino con sé e lo hanno portato in Spagna, contro il parere dei medici. È a quel punto che è scattato l’ordine d’arresto per sottrazione di minore e i due sono finiti in prigione.

LA MOBILITAZIONE. La mobilitazione di migliaia di cittadini e un messaggio del premier David Cameron (che ha scritto su twitter: «È importante che il ragazzo ottenga le cure necessarie e l’amore della sua famiglia») hanno favorito il positivo evolversi della situazione. «Moriamo di voglia di rivedere il suo viso», ha dichiarato ai giornalisti Brett King, uscendo dal carcere di Madrid. Ora un oncologo messo a disposizione del governo raggiungerà la famiglia.

AMARE NON E’ UN REATO. Come giustamente nota oggi in un commento Il Foglio, la storia dei coniugi King ha qualcosa da dire all’Europa, continente in cui esistono paesi che praticano l’eutanasia su minori malati e dati per “spacciati”. Quello di Brett e Naghemeh è un formidabile esempio di come esistano ancora genitori disposti a lottare per la vita dei loro figli. Amare fino alla fine un figlio è un bene, non un reato.

Fonte: http://www.tempi.it/


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