GUARDIAMO IN FACCIA L’OMOSESSALITÁ
Per parlare di questo argomento, certamente non ci possiamo approcciare con congetture teoriche, o filosofiche; ma quello che è scritto di seguito è l’evidenza di fatti e descrizioni concrete, con esperienze di prima mano.
Naturalmente, questo è solo un breve accenno sulla materia, e non pretende di essere esaustivo, ma vuole essere come uno spunto per incominciare a guardare bene questo aspetto per quello che effettivamente è: uno degli inganni del Male.
Bisogna anche sfatare il concetto che asserisce che tutto quello che è considerato normale, accettato dalla maggioranza, o accettato dal singolo interessato va bene per tutti: per se stessi, per gli altri e per Dio.
Non tutto quello che uno crede essere giusto è veramente giusto, ma è indispensabile (anche per questa materia) interpellare Colui che è il Giusto, cioè Dio.
Oggi, ognuno ha la libertà di credere e divulgare quello che vuole, e questo argomento rientra tra quelli più discussi e controversi, per questo sorge spontanea la domanda: “È possibile essere liberati dall’Omosessualità, o è una condizione che fa parte della natura umana, e quindi, come un fattore genetico, rimane sino alla morte?”.
Gli attivisti omosessuali vorrebbero far credere che l’Omosessualità non è una scelta, ma una caratteristica genetica; pertanto non sarebbe possibile cambiare il proprio destino di gay o di lesbiche.
Ma, da testimonianze raccolte da persone che hanno vissuto questa brutta esperienza, apprendiamo che, come tanti altri vizi e condizioni peccaminose, la condizione omosessuale ha avuto un inizio ben preciso e con fattori che hanno incoraggiato e sospinto ad atteggiamenti omosessuali.
Vi è stata, all’origine, una risposta accondiscende ad un “invito” (spesse volte velato), che ha delineato e condizionato il proseguo della vita di quelle persone.
Questo “invito”, in alcuni è stato fatto da persone specifiche, cioè “invito formale”; in altri è stato un “invito astratto”, cioè mentale, psichico, spirituale, per mezzo di idee, ragionamenti, convinzioni, adesioni mentali, etc..
In ogni caso vi è stato sempre un invito “personale”, concreto “ad personam”.
In molti casi vi è stata anche come una sorte di iniziazione, che è servita come apertura verso un nuovo mondo, prevalentemente sessuale, ma che coinvolge tutti i settori della vita: dalle scelte ai gusti, dal linguaggio alle gesticolazioni, dal vestiario alla gestione del tempo libero, ed altro.
Un fattore influente, a che tale condizione sia potuta facilmente penetrare, è stato l’underground sociale, morale e famigliare in cui queste persone sono venute a trovarsi.
Altri, sono state conseguenze di scelte che hanno trascinato un bagaglio spirituale in cui i valori morali sono stati soppressi, rendendo la persona incapace nella valutazione di ciò che è bene e di ciò che è male.
In molti omosessuali si innesca, in particolari momenti, una lotta interna tra la loro prima e vera identità e la seconda acquisita.
Purtroppo, non riuscendo a prevalere la prima, avviene una specie di adattamento e rassegnazione mentale all’accettazione della condizione omosessuale, come facente parte naturale della persona stessa, classificandola normale e, spesso, sfacciatamente, come motivo di vanto.
Vi sono quelli poi che vivono nel costante inganno di credere di poter controllare la loro vita omosessuale e di frenarne gli stimoli, pensando di gestire la propria vita sessuale classificando il grado di peccaminosità.
In questi, la loro coscienza si è indurita in modo tale da non sentire più sensi di colpa, e che li porta anche a giudicare malamente coloro che vogliono uscire fuori dall’Omosessualità.
Molti, purtroppo, non si rendono conto della pericolosità in cui vanno incontro, non soltanto per fattori sanitari, ma principalmente a livello mentale, atto a sdoppiamenti di personalità che portano confusione, paure e insoddisfazioni, che favoriscono l’approccio con l’alcool, con la droga e una ricerca di sensazioni forti che possono portare a depravazioni profonde, da cui poi e veramente difficile uscirne e che possono portare anche al suicidio.
Certamente vi sono delle eccezioni, ma queste dipendono dalla forza d’animo personale.
In ogni caso possiamo benissimo chiamare, o catalogare, l’Omosessualità come “condizione di peccato”.
LA POSIZIONE DEL “NORMALE”
Acconsentire l’Omosessualità, anche per il fatto che non si è capaci di uscirne fuori, non vuol dire vincere questo male o non riceverne le conseguenze.
Anche convivere e compatire non aiuta sicuramente quelli che vivono una tale realtà.
In molti casi, la maggioranza si comporta non dando peso e questa condizione di peccato, cercando di ignorarlo; in altri casi viene accettato come un fatto scontato, che rientra nella normalità; in altri casi ancora diventa motivo di vanto e che suscita ammirazione.
In tutte e tre i casi, non è il giusto atteggiamento da avere, sia in rispetto dei principi morali di cui, in alcuni casi, ci si fregia, sia in rispetto dei comandamenti di quel Dio di si porta il nome di CRISTIANI.
Nel secondo caso si da adito a critiche da parte di coloro che non conoscono il Cristianesimo, e come dice la Bibbia “…a causa vostra il mio Nome (Dio) viene bestemmiato nelle nazioni che non mi conoscono”.
Solo quando si ha la giusta valutazione dei problemi e dei mali si possono contrastare e avere risultati positivi.
Dio, la Bibbia e la Chiesa di Cristo guardano in faccia e denunziano quest’altro aspetto malefico e ingannevole del peccato, senza alcun compromesso, presentando la soluzione per esserne liberati, infatti “…il Figlio dell’uomo non è venuto per condannare, ma per salvare”.
PER ESSERE LIBERATI
Risulta evidente che questo male vizioso viene difficile da estirpare, e non basta soltanto la buona volontà per potersene uscire… ma nulla è impossibile a Dio e a colui che crede in Lui.
Cosa fare, dunque?
– Per prima cosa bisogna volerne uscire fuori ad ogni costo, essere determinati, resistendo e contrastando i pensieri che vogliono opporsi al rifiuto di tale condizione; non lasciarsi convincere come se si stesse perdendo qualcosa di vitale.
– Ricercare l’aiuto di credenti sinceri, che possano capire il caso, aiutare nella preghiera e nel prevenire e contrastare le eventuali lotte e tentazioni.
– Tagliare con la vita e le abitudini omosessuali: abbandonare le amicizie, non frequentare i luoghi, buttare gli indumenti, tagliare con tutte quelle situazioni, modi e usi che hanno a che fare con il mondo omosessuale.
– Resistere nella decisione presa, confidando in Cristo, nel suo amore e nella sua potenza; Lui vuole e può liberare tutti coloro che accorrono a lui; Egli si è caricato anche di questo tipo di peccato e di legame diabolico e lo ha portato con se alla croce, ma è risuscitato senza alcuni di essi, libero e potente, con la stessa libertà che oggi vuole dare a tutti coloro che si accostano a Lui.
– Se la liberazione ritarda, non farsi scoraggiare da pensieri che vogliono convincere dell’inutilità dell’impegno, o della inefficienza delle preghiere ed altro.
– Fare a meno di contatti con persone, anche da voi stimate, che possano trasmettere scoraggiamenti, o vogliono convincere a lasciare perdere e ritornare alla vita omosessuale.
Insieme con Cristo, altri ci sono riusciti a cambiare vita; sono stati liberati e trasformati; hanno ricevuto una nuova dignità e personalità in Cristo; hanno ritrovato la giusta posizione: davanti a Dio come figli accettati e purificati, nella famiglia come mariti e mogli esemplari, nella società come persone normali e, principalmente, come persone con ritrovata stima di se stessi, che sanno apprezzare il loro giusto valore.
UNA BREVE TESTIMONIANZA
Finalmente donna!
Avevo tre anni quando mia madre mi abbandonò, a sei anni anche mio padre mi lasciò e così fui allevata dai nonni.
Cominciai il viaggio della vita, affamata di comprensione e affetto femminile.
Ero ancora ragazza quando mi accorsi di essere attratta dalle donne, avevo un comportamento mascolino e preferivo la compagnia dei ragazzi.
Divenni una brava atleta, e fu durante una trasferta che ebbi la mia prima esperienza lesbica.
Dopo altre esperienze del genere, decisi di sposare un uomo meraviglioso che mi offrì sicurezza, stabilità e amore; ma dopo due anni lo lasciai, andai a vivere all’estero, apertamente lesbica.
Attraversai esperienze tristi e traumatiche e infine accettai l’invito di mio marito di tornare da lui.
Il mio ritorno non fu facile e non riuscii mai a spiegargli il mio tormento interiore.
Dopo la nascita di mio figlio, cominciai a pensare a Dio e in seguito, dopo una assidua lettura della Bibbia, divenni una nuova creatura in Cristo Gesù.
Dio perdonò i miei peccati, compresi in un modo tutto nuovo il valore della donna davanti al Creatore e finalmente capii il piano divino per il matrimonio: una relazione meravigliosa tra uomo e donna.
La Parola di Dio e la preghiera mi aiutarono nel cammino cristiano a superare le lotte interiori.
Avevo deciso di vivere nelle vie del Signore e per la Sua grazia ci sono riuscita fino a questo momento e (lo so con certezza) finché, liberata da questo corpo, sarò nella perfezione alla presenza del Signore.
Esther
LA PREGHIERA DI UN OMOSESSUALE
Lotta con l’ossessione.
La lotta dell’anima, il tormento e l’agonia della mente, il combattimento in prima linea con le emozioni.
In fondo: la mia volontà contro quella di Dio.
Parte di me non vuole lasciare questo peccato, la mia carne reclama l’appagamento: correre per la mia strada, disubbidire al piano di Dio per me.
È una lotta all’ultimo sangue, che mortifica la mia carne, che mette a tacere le emozioni che gridano, per seguire la via stretta e difficile.
L’opera dello Spirito in me invade il tormento dell’anima mia, calma la mia mente, sottomette le mie emozioni e, alla fine, Dio ha la vittoria!
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