La stazione dei treni di Slovyansk non dorme mai. Di notte le luci sono poche perché lo Stato deve economizzare sulla corrente elettrica, ma di movimento ce n’è molto. La biglietteria lavora a tutte le ore: stampa biglietti gratuiti di sola andata per quelli che hanno lasciato le loro case nella zona dell’operazione antiterrorismo. La gente che arriva è confusa e stanca. Ha poche cose con sé, quelle che riesce a portare a mano. Nella maggior parte dei casi ha dovuto lasciare la propria abitazione di fretta, durante una breve pausa tra un combattimento e l’altro, seguendo le indicazioni degli operatori umanitari che indicavano loro il corridoio per l’evacuazione dei civili.
Poi l’arrivo a Slovyansk, dove i più provati, quelli che hanno dovuto camminare molto o gli anziani, vengono rifocillati in una tenda con un pasto caldo. Dopo, la registrazione nell’elenco degli “sfollati interni”. E infine una domanda a cui non è sempre facile rispondere: “Dove volete andare?” chiede l’addetta alla stampa del biglietto. A questa domanda e all’ospitalità di una notte su un vagone di un treno fermo in stazione, si ferma l’assistenza che lo Stato ucraino può permettersi di offrire agli sfollati. A occuparsi di loro, da questo momento in avanti, saranno parenti e amici, per chi ne ha, e le numerose associazioni di civili volontari che sono nate per fronteggiare la crisi nel paese.
La maggior parte di coloro che non hanno idea di dove andare sceglie la capitale come prima meta. Kiev pullula di organizzazioni per l’aiuto e lo smistamento dei rifugiati interni. Ci sono quelle che si dedicano alla primissima accoglienza, come il Centro dei Volontari di Froliska, nato in estate dall’aggregazione di persone che individualmente si occupavano già da mesi della questione profughi. Si tratta di un centro molto grande nel cuore della città, tra il quartiere Podil e la salita di Sant’Andrea. Qui i rifugiati ricevono assistenza per i primi 45 giorni dal loro arrivo: vengono nutriti, vestiti, curati e aiutati a ricominciare, in particolare a trovare un nuovo lavoro, perché nessuno può farsi carico di loro per lungo tempo. L’unico servizio che non viene fornito a Froliska è quello della ricerca di un alloggio. Per questo ci sono altre organizzazioni, come Vostok SOS, nata dall’iniziativa di sfollati dalla regione di Luhansk che lavoravano già nell’ambito della difesa dei diritti umani. La fondatrice, Svitlana Tarabanova, racconta che quando è stata costretta a lasciare la sua città si è recata a Kiev con la figlia, è riuscita a farsi offrire un piccolo ufficio da un’associazione per la difesa dei diritti umani e ha cominciato ad accogliere le richieste e le offerte di alloggio da e per i rifugiati. Era maggio dello scorso anno quando Svitlana ha lasciato Luhansk, con il passare del tempo altri amici e colleghi l’hanno raggiunta e hanno cominciato a lavorare con lei. Vostok SOS è diventata una delle associazioni più importanti in Ucraina per lo smistamento degli sfollati: lavora in stretta collaborazione con UNHCR (Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati) e ha anche una sezione che si occupa della negoziazione di ostaggi e dell’esfiltrazione delle persone dalle zone più violente e a rischio.
di Valentina Cominetti
Fonte: http://www.lanuovabq.it/
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