Commissione d’inchiesta delle Nazioni Unite denuncia le responsabilità della politica del Myanmar nella persecuzione della minoranza Rohingya.
(ve) Una commissione d’inchiesta delle Nazioni Unite accusa l’esercito del Myanmar di genocidio, crimini di guerra e crimini contro l’umanità. E aggiunge che la presidente Aung San Suu Kyi non avrebbe fatto nulla per impedire le violenze, i massacri e le espulsioni. Le violenze commesse contro la minoranza dei Rohingya, concludono i commissari, devono essere giudicate dalla Corte internazionale o da un tribunale speciale.
Responsabili delle persecuzioni
La commissione ONU indica esplicitamente il capo delle forze armate del Myanmar, Min Aung Hlaing, e cinque altri generali, come responsabili. Ma anche la presidente de facto del governo, vengono sollevate pesanti accuse. Premiata con il Nobel per la pace, non ha sfruttato il suo ruolo politici e non ha fatto valere il suo peso morale per impedire le violenze, le persecuzioni e le espulsioni di oltre 700’000 Rohingya, costretti alla fuga verso il Bangladesh. In tal modo, afferma la commissione, Suu Kyi si è resa complice di quei crimini.
La tragedia dei Rohingya (Segni dei Tempi RSI La1)
Espulsioni e torture
Le forze armate del Myanmar, paese a maggioranza buddista, hanno scatenato l’offensiva contro la popolazione musulmana dei Rohingya nell’agosto 2017, dopo che ribelli della minoranza hanno aggredito un avamposto militare. Il rapporto della commissione dell’ONU elenca una serie di violenze perpetrate dall’esercito come espulsioni, torture, stupri, schiavitù sessuale e omicidio di massa. I soldati avrebbero usato violenza anche contro bambini e incendiato interi villaggi.
Brad Adams, direttore della sezione asiatica di Human Rights Watch, ha chiesto al consiglio di sicurezza della Nazioni Unite di trasferire il caso Myanmar alla Corte internazionale di giustizia. Le condanne e gli appelli verbali espressi finora dalle Nazioni Unite non avrebbero sortito nessun effetto, ha detto ancora Adams. Amnesty International ha aggiunto che la giustizia del Myanmar non starebbe procedendo nei confronti degli ufficiali coinvolti nelle violenze. In mancanza di una decisa reazione internazionale, conclude AI, ci sarebbe il concreto pericolo di un ripetersi degli eventi.
Diplomatici delle Nazioni Unite ritengono improbabile un pronunciamento del consiglio di sicurezza, il veto cinese impedirebbe infatti un trasferimento del caso alla Corte internazionale o a un tribunale speciale. (ref.ch; trad. it. P. Tognina)
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