“Nuvenia e la pubblicità scandalo: la colpa è anche delle donne”

Nuvenia e la pubblicità scandalo. La colpa è anche delle donne?

La pubblicità della Nuvenia che mostra una vulva femminile insanguinata dalle mestruazioni per sponsorizzare un assorbente ha sollevato le solite polemiche sulla mercificazione delle donne. Polemiche inutili e velleitarie che non dovrebbero nemmeno ripetersi ma che ogni tanto fanno la loro comparsa sul palcoscenico pubblico.

La mercificazione della donna nella pubblicità c’è sempre stata. Non è un problema solo di oggi. Risale all’avvento della società capitalistica e consumistica del dopoguerra, quando si fotografavano le prime donne per promuovere i costumi da bagno.

Ogni giorno donne belle e brutte, di tutte le età e di ogni estrazione sociale vengono sbattute in televisione, sui giornali o sui cartelloni pubblicitari per pubblicizzare creme antirughe, cibi dietetici, prodotti contro la cellulite, assorbenti ultrasottili, mutandine, calze, reggiseni. Un mercimonio dove il corpo femminile è frammentato, sezionato, mostrato nelle sue parti più provocanti: seni, gambe, sedere, fianchi, labbra.

L’utilizzo manipolatorio del corpo femminile ha ridotto la donna a merce di scambio. Si tratta di uno stratagemma pubblicitario secondo il quale, per vendere un prodotto, è molto più facile puntare sulla presenza visiva di un bel corpo piuttosto che sulla qualità del prodotto stesso.

La rappresentazione della donna come oggetto ha causato una perdita dell’identità della donna stessa, trasformandola in un’entità senza anima e senza cervello. Donne date in pasto al pubblico maschile e costrette a mostrarsi nel modo più umiliante possibile, come puttane che lanciano al pubblico sorrisi di imbarazzante complicità. Il loro corpo viene inquadrato in modo voyeuristico e feticistico per solleticare la libido maschile e l’invidia femminile.

La trasmissione martellante di queste immagini veicolano l’idea che la donna non sia altro che un prodotto da magazzino da tirar fuori all’occorrenza, svilendo la sua immagine e la sua persona. A una donna non è chiesto di ragionare: è chiesto solo di apparire. Deve ubbidire alla logica della commercializzazione. E basta.

Le donne si lamentano, ma la colpa non è solo di una società capitalistica che sfrutta il corpo femminile per ragioni di profitto. La vera colpa è da addossare alle donne stesse che si sono piegate a questa logica, sottomettendosi al desiderio dell’uomo a tal punto da perdere la propria dignità.

Sono loro che seguono l’idea che il successo facile sia legato alla bellezza fisica. Le donne hanno imparato a porsi come oggetto del desiderio per emergere in una società in modo facile e immediato, mistificando la realtà con la loro immagine e accontentandosi di essere rappresentate come belle, mute e sottomesse. Tutto il resto non conta.

Mario Barbato


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