Jehoshua Ahrens, rabbino a Zurigo, ha pubblicato, con altri rabbini ortodossi, una dichiarazione sui rapporti tra ebrei e cristiani.
Ventotto rabbini ortodossi hanno pubblicato un documento che apre nuove prospettive per quanto concerne la relazione tra ebraismo e cristianesimo. Il testo si intitola “Fare la volontà del Padre Nostro in cielo: Verso un partenariato tra ebrei e cristiani” ed è apparso lo scorso 3 dicembre.
“Dopo quasi due millenni di reciproca ostilità e alienazione”, affermano i firmatari, “noi rabbini ortodossi che conduciamo comunità, istituzioni e seminari in Israele, negli Stati Uniti e in Europa riconosciamo l’opportunità storica che si presenta ora davanti a noi. Noi cerchiamo di fare la volontà del nostro Padre celeste accettando la mano che ci viene offerta dai nostri fratelli e sorelle cristiani. Ebrei e cristiani devono lavorare insieme come partner per affrontare le sfide morali della nostra epoca”. Intervistato dal mensile “reformiert.”, Jehoshua Ahrens (nella foto), rabbino a Zurigo, parla delle “dichiarazioni rivoluzionarie” contenute nel documento e sul contributo del cristianesimo dal punto di vista ebraico.
Insieme con altri rabbini ortodossi lei ha sottoscritto una dichiarazione sulla collaborazione tra ebrei e cristiani. Di che cosa si tratta?
È determinante innanzitutto che da parte ebraica e in particolar modo da parte ortodossa non ci si limiti semplicemente a una reazione a qualcosa che proviene da una Chiesa cristiana, ma che per una volta siamo noi a prendere l’iniziativa. Per quanto riguarda il contenuto, riconosciamo che la posizione delle Chiese ufficiali nei confronti dell’ebraismo è decisamente cambiata: dal documento vaticano di cinquant’anni fa “Nostra aetate” il legame tra Dio e Israele non viene più messo in discussione. Con ciò anche la questione della necessità di evangelizzare gli ebrei è definitivamente superata. Da parte nostra sosteniamo che la distinzione in ebraismo e cristianesimo è voluta da Dio e che anche per noi ebrei Gesù è una figura importante dal punto di vista teologico. Questa è una dichiarazione rivoluzionaria.
Perché?
Bisogna ricordarsi che per l’ortodossia ebraica il cristianesimo era considerato Avodah Zarah, quindi idolatria o culto straniero e in parte è ancora così. Nell’ortodossia c’è perciò ancora un buon numero di persone secondo le quali possiamo sì collaborare a iniziative comuni con le Chiese e discutere di valori comuni, ma non possiamo riconoscere il cristianesimo in quanto religione. Per me si tratta fondamentalmente di una mancanza di rispetto. Come è consueto nell’ortodossia, ci basiamo sulle fonti scritte. Secondo la legge religiosa ebraica è possibile argomentare in un modo o nell’altro: idolatria o piano divino. Noi abbiamo deciso chiaramente per la seconda interpretazione.
Di quanto sostegno godete?
Siamo una minoranza. Ma rappresentiamo l’intero spettro: sinistra, ebraismo tradizionale e destra. Sussistono ancora parecchi timori e riserve da parte ebraica, comprensibili per motivi storici. Per questo la discussione all’interno dell’ortodossia genera ancora forti contrasti. Ma cinquant’anni fa, di fronte alla pubblicazione del documento “Nostra aetate” da parte del Vaticano, fu così anche per il cristianesimo. I firmatari sono tutti impegnati nel dialogo interreligioso. Sappiamo che la svolta è irreversibile e che da parte cristiana la nostra posizione non verrà sfruttata per qualche scopo missionario.
Che ruolo ha Gesù per l’ebraismo?
Naturalmente anche noi riconosciamo le differenze. Per noi Gesù non è il Messia. Ma all’inizio l’ebraismo era la sola religione monoteistica e noi ebrei dovremmo in realtà diffondere in tutto il mondo la Torah, il messaggio di Dio. Evidentemente non abbiamo avuto molto successo al riguardo oppure il mondo non era pronto ad accogliere questo messaggio. Qui vediamo proprio quello che il cristianesimo e in seguito l’islamismo sono riusciti a fare: hanno portato il Dio di Israele in tutto il mondo e hanno fatto sì che il monoteismo si diffondesse. Al cristianesimo prima e all’islamismo poi va anche ascritto il grande merito di aver fatto sì che si diffondesse la fede nel Dio unico e si affermassero i valori ad essa legati.
Lei ha appena menzionato anche l’islam. Ebrei, cristiani e musulmani pregano lo stesso Dio?
Si tratta sicuramente sempre dello stesso Dio. Questa dichiarazione fa adesso riferimento soltanto al cristianesimo, ma la si potrebbe estendere anche all’islamismo. Il dialogo con i musulmani è importante. Ma benché l’ebraismo e l’islamismo siano più vicini teologicamente e anzitutto per quanto riguarda la pratica religiosa di quanto lo siano ebraismo e cristianesimo, attualmente ci sono importanti motivi culturali, sociali e politici che dividono.
Nella dichiarazione si fa riferimento anche al documento vaticano “Nostra aetate” al quale ha prima accennato. Quindi la dichiarazione è importante soprattutto per i rapporti con la Chiesa cattolica?
No. È rivolta a tutti i cristiani. Il giubileo del documento è stata solo una delle sollecitazioni. Fattori scatenanti sono state anche le azioni anticristiane in Israele. Per esempio l’attentato incendiario contro una chiesa della Galilea a opera di ebrei radicali. Volevamo affermare chiaramente che attacchi del genere non sono conciliabili con l’ebraismo. E volevamo esprimere più che una semplice reazione. Volevamo una ridefinizione che avesse effetti concreti.
Quali?
Si vedrà. Finora il dialogo era spesso qualcosa che avveniva dietro le quinte. Uomini anziani discutevano di questioni astratte, si stringevano garbatamente le mani e celebravano gradevoli cerimonie. Secondo noi, invece, la comunità cristiana e quella ebraica potrebbero collaborare molto più strettamente in campo sociale e nella formazione. E crediamo che oggi le principali linee di divisione non siano più quelle che corrono tra cristiano e ebreo, ma tra religioso e secolare.
Una coalizione dei credenti?
In quanto persone che credono in un unico Dio e che si sentono legate a valori tramandati, facciamo parte di una minoranza. Dobbiamo domandarci: come possiamo presentare nella società Dio e i nostri valori? Si tratta di temi come la famiglia, il valore della vita, la giustizia. Anche come praticanti siamo alle prese con gli stessi problemi: come posso riportare le persone in sinagoga rispettivamente in chiesa? Come posso trasmettere i valori religiosi alla giovane generazione in una società secolare? Al riguardo abbiamo molto da imparare gli uni dagli altri. (da reformiert.; intervista a cura di Felix Reich; trad. it. G. M. Schmitt; adat. P. Tognina)
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