La tensione interessa tutta la regione. Vittime anche fra i civili. 15 novembre 2015: una donna curda, Selamet Yeşilmen, incinta e madre di cinque bambini, è stata assassinata mentre stava scendendo le scale dal secondo piano per raggiungere il giardino con le figlie Sevcan e Fikret (rispettivamentedi 13 e 14 anni).
Un Cobra blindato posizionato davanti alla loro casa in via Fırat Başyurt – Çağçağ, ha sparato contro di esse. Selamet Yeşilmen è morta sul colpo mentre le due ragazze sono rimaste gravemente ferite. I soldati hanno sparato anche contro Yilmaz Tutak, lasciandolo a terra gravemente ferito, mentre cercava di soccorrere le due figlie di Selamet.
Lo stato turco e il governo dell’Akp continuano a compiere attacchi militari contro le città del Kurdistan; interi quartieri vengono distrutti e civili indifesi vengono assassinati. Il coprifuoco militare di 12 giorni a Silvan ha lasciato la città in macerie. Case e attività commerciali sono state deliberatamente prese di mira, bruciate, distrutte. La città è in gran parte inagibile e almeno 15 civili sono stati uccisi durante il coprifuoco; quanto ai feriti (molti in gravi condizioni) si contano a dozzine. Per questi attacchi sono stati usati carri armati, cannoni ed elicotteri.
Negli ultimi 7 giorni eventi analoghi si sono verificati nella provincia di Mardin e in quella di Nusaybin. In molte aree è stato introdotto il coprifuoco militare (24 ore su 24) e contemporaneamente gli attacchi si succedono senza tregua.
A Silopi, una provincia di Sirnak, il 12 novembre 2015 la gendarmeria distrettuale ha lanciato varie bombe micidiali (dette “bombaatar”) nella via Şehit Harun. Dopo gli attacchi alcuni civili, Servet Cin, Hişyar Konur, Fatma Yiğit, Evin Harput e un altro non identificato, sono rimasti feriti in varie parti del corpo.
Questi azioni ignobili (in quanto sistematicamente rivolte contro civili inermi) avvengono quotidianamente a Diyarbakır, Cizre, Gever, Şırnak, Hakkâri, Van e nella maggior parte del Kurdistan dove ormai è in corso una guerra vera e propria tra la Resistenza curda e l’esercito turco. Va sottolineato e denunciato che le forze dello stato turco non sono in guerra solo con le forze della guerriglia, ma stanno deliberatamente colpendo i civili (con metodi da esercito di occupazione che ricordano le rappresaglie nazifasciste) e distruggendo le città curde con operazioni che costituiscono autentiche violazioni delle stesse leggi di guerra. Possiamo affermare che lo stato turco sta commettendo veri e propri crimini di guerra in Kurdistan in quanto, come ci ricordano le organizzazioni curde «sta cercando di sterminare i curdi attraverso l’assimilazione e le politiche repressive ignorando qualsiasi appello e proposta di soluzioni pacifiche provenienti dai curdi». Questo conduce inevitabilmente a esasperare il conflitto armato. Le organizzazioni curde lo hanno detto e ripetuto: «la soluzione non è il conflitto, al contrario sta nel dialogo e nel negoziato».
Fino a quando l’opinione pubblica internazionale potrà continuare a non voler vedere la situazione dei curdi e del Kurdistan? E soprattutto, la loro richiesta di pace? In un recente comunicato l’Ufficio di informazione del Kurdistan in Italia chiedeva «a tutte le organizzazioni e a tutti gli individui che sostengono la pace e la democrazia di opporsi alla brutale campagna in atto contro i curdi e di contribuire a una soluzione pacifica del conflitto curdo». Una richiesta che non può, non deve rimanere inascoltata.
Foto Federica Tourn: Mardin (Kurdistan turco), la porta sulla Siria
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