Mi chiamo Jole e ho 52 anni. Ne avevo 6 quando iniziai a frequentare la scuola domenicale nella Chiesa Evangelica ADI di Milano. Non ho molti ricordi di quel periodo, anche se uno è rimasto impresso nella mia mente, quello della sera in cui pregando con altri fratelli ricevetti il dono dello Spirito Santo (NdR: lo stesso che fu ricevuto dai discepoli di Gesù a Pentecoste). Fino all’età di 14 anni ho continuato frequentare la comunità, ma poi mi sono fatta attrarre dalle offerte di questo mondo, che per me non ha avuto in serbo nulla di buono. Ho smesso di frequentare la chiesa, anche se non facevo nulla di male perché non ho mai dimenticato il timor di Dio. Ho sempre sentito di appartenere al Signore, ma non volevo avere più l’impegno della frequenza domenicale. A 18 anni sono stata colpita da un virus che, a detta di tutti i professori consultati, mi avrebbe portato alla cecità. Eravamo disperati. Ero consapevole che solo il Signore sarebbe potuto intervenire, e chiesi ai miei genitori di chiamare il pastore perché pregasse per me. Ricordo che appena entrò mi chiese: “Credi che il ignore può guarirti?” e io risposi “Sì” con convinzione. Durante la preghiera ero certa che il Signore sarebbe intervenuto, e mi abbandonai completamente a Lui. In qualche ora i segni sul volto e nell’occhio passarono. Gli stessi medici, che mi avevano visitato due giorni prima, ammisero:
“Questo è un miracolo”. Sì, il Signore è intervenuto. Ma, nonostante l’evidente guarigione divina, non tornai ancora a Lui, non volendo frequentare la chiesa. Negli anni, poi, mi sono sposata. Ho avuto il primo figlio, ma qualche ora dopo il parto per gravissimi problemi il mio bambino stava per morire. I miei genitori chiesero alla comunità di pregare, anch’io pregai e il Signore ancora una volta ha risposto. Quel bambino oggi ha 23 anni. Ma ancora non tornavo in chiesa. Nel 1994 mio padre, al quale ero unita in modo profondo, improvvisamente morì. Non riuscivo ad accettarlo, trascorrevo giornate al cimitero.
Un giorno, sentendomi stanca, decisi di andare a casa di mia mamma a riposare un po’, per tornare al cimitero prima della chiusura. Mi stesi sul letto dove una volta dormiva mio padre e mi addormentai.
In quel momento ebbi la certezza da parte del Signore che mio padre stava bene dove si trovava. Mi risvegliai serena. Non andai più al cimitero con la stessa frequenza, ormai lo sapevo al sicuro. Era arrivato per me il momento di tornare a Gesù. Mi ammalai alla tiroide. Avevo molti noduli sulle corde vocali. Mi furono prescritti medicinali salvavita. Nel 1996, l’anno in cui presi la decisione di fare il mio patto con il Signore con il battesimo per immersione, il 23 giugno i medici mi prospettarono due interventi, uno in giugno e l’altro in dicembre.
Ma rimasi incinta del mio secondo bambino, cosa che comportò il rinvio dell’intervento chirurgico. Capii che il Signore ancora una volta mi stava rispondendo. Abbandonai le cure e credetti che Gesù avrebbe operato! Non ho mai subito l’intervento. La mia voce non ha subito lesioni, ora canto le lodi al Signore e Lo ringrazio tutti i giorni.Non basta ancora. Una domenica mi accorsi che il mio seno era diventato completamente nero. Mio marito mi propose di andare al Pronto Soccorso. La mia risposta fu: “Prima andiamo in chiesa e poi eventualmente all’ospedale”.
Ricordo che mi sedetti nelle panche in fondo al locale di culto e, mentre i pastori stavano pregando per la guarigione di un bambino, sentii come una spinta interiore e mi ritrovai davanti al pulpito. Durante la preghiera come un brivido mi percorse tutto il corpo… Tornai a casa e non avevo più nulla. Gesù ancora una volta mi aveva liberata!
Sistematicamente vengo messa alla prova. Proprio due anni fa, la mattina di un giorno nel quale la corale di cui faccio parte doveva cantare in un incontro regionale, ci accorgemmo che mio figlio minore stava male. Lo presi tra le braccia, non dava segni di vita. Gridai con tutte le mie forze a Dio. Passarono minuti che a me sembrarono interminabili. Il bambino era senza conoscenza, ma ricominciò a respirare. Arrivò la guardia medica… non riuscivano a farlo riprendere… e io pregavo. Dopo quarantacinque minuti il bambino si è risvegliato senza ricordare che cosa gli era successo, e tutti i controlli in ospedale sono risultati negativi. Così nel pomeriggio ho potuto cantare il mio ringraziamento al Signore insieme alla corale. Tra le tante prove, ultimamente ho anche subito la perdita improvvisa del lavoro. Sembrava che il mondo ancora una volta mi crollasse addosso, ma Dio non lo ha permesso. Si è chiusa sì una porta, ma il Signore ha aperto per me un portone, e oggi lavoro per conto mio con grande soddisfazione. Io non sono sempre stata fedele al Signore, ma Lui sì. Lo ringrazio tutti i giorni, perché ho realmente provato l’attualità delle parole di Gesù: “Venite a me, voi tutti che siete affaticati e oppressi, e io vi darò riposo. Prendete su di voi il mio giogo e imparate da me, perché io sono mansueto e umile di cuore; e voi troverete riposo alle anime vostre; poiché il mio giogo è dolce e il mio carico è leggero” (Vangelo di Matteo 11:28-30). Che cosa avrei fatto se non avessi avuto Lui? Grazie Gesù!
Jole
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