La diaspora nigeriana in Inghilterra non vuole che si dimentichino le ragazze rapite da Boko Haram, ma parlarne apertamente sembra difficile.Il 14 di ogni mese i membri dell’organizzazione “Forum delle donne della diaspora nigeriana” (Nigerian Women in Diaspora Leadership Forum) si ritrovano davanti all’ambasciata della Nigeria a Londra. “Lo scopo è di impedire che le si dimentichi”, diceJenny Okafor, presidente dell’organizzazione. Parla ovviamente delle 276 giovani che sono state rapite dalla setta islamistaBoko Haram nel nord-est del paese il 14 aprile 2014. Presto sarà trascorso un anno e le notizie giungono con il contagocce.
Riportatele a casa
Diversi paesi europei, in particolare la Francia e il Regno Unito, hanno inviato esperti in Nigeria per tentare di localizzare le giovani, ma tutto avanza molto lentamente. “Abbiamo inviato diverse lettere al governo per domandare che venga compiuto ancora qualche sforzo in più, per chiedere che cosa viene fatto per aiutare i genitori delle ragazze e per sollecitare l’invio di psicologi sul posto… ma nessuno si è degnato di darci una risposta”, si rammarica Jenny.
La diaspora nigeriana nel Regno Unito conta 88.000 persone, tre quarti delle quali vivono a Londra. In seno alla comunità l’immobilismo del governo britannico è fortemente criticato. Il Primo ministro David Cameron ha sventolato il suo cartello#bringbackourgirls, ma molti temono che i politici non abbiano alcun interesse a impegnarsi in Nigeria.
Indifferenza per la Nigeria
“Siamo rimasti scioccati nel constatare la differenza di reazione di fronte agli attentati in Francia e in Nigeria”, spiega Lagun Akinloye, ricercatore e membro dell’Associazione centrale dei nigeriani (Central Association of Nigerians). “I media e i governi hanno avuto ragione a reagire con fermezza dopo gli attentati in Francia, ma non è un motivo valido per dimenticare ciò che accade in Nigeria”.
Duemila nigeriani sarebbero stati uccisi da Boko Haram nella prima metà di gennaio e la copertura del massacro da parte dei media è stata molto limitata. “Ci sono tre ragioni che spiegano l’apatia di Londra”, sostiene Lagun Akinloye. “Prima di tutto la prossimità geografica. La Francia è un vicino del Regno Unito, la Nigeria è a migliaia di chilometri. Ciò che succede laggiù non costituisce una minaccia diretta per i britannici, ciò che accade in Francia è più preoccupante. Poi, i paesi occidentali sono alleati, sono mano nella mano nella battaglia contro il terrorismo. E infine ci sono legami economici, umani e mediatici molto più forti tra la Francia e il Regno Unito che con la Nigeria”.
La voce delle chiese
Il giornale della comunità, “Nigerian Watch”, pubblica regolarmente analisi e commenti. “A essere onesti abbiamo poche informazioni e quasi nessuna immagine”, riconosce Ayo Akinfe, responsabile del sito Internet del giornale. Anche i media nigeriani hanno difficoltà a sapere ciò che accade”. Le associazioni convocano spesso riunioni, ma “le persone che vengono sono sempre di meno”, constata Jenny Okafor a proposito di questi appuntamenti mensili. Secondo Lagun Akinloye la questione di Boko Haram è tabù, anche tra la diaspora. “Alla gente non piace molto discuterne apertamente”.
Anche nella decina di chiese nigeriane presenti a Londra se ne parla poco. Secondo il ricercatore “ci si limita a pregare per le vittime e le loro famiglie”. La Chiesa d’Inghilterra, dal canto suo, cerca di agire come può. La scorsa estate l’arcivescovo di Canterbury e primate della Comunione anglicana, Justin Welby, ha visitato la Nigeria per pregare per la liberazione delle giovani con il presidente Goodluck Jonathan. Inoltre il canonico della cattedrale di Coventry sarebbe entrato in contatto con la setta allo scopo di aprire una trattativa per la liberazione delle ragazze.
Tratto da: http://www.voceevangelica.ch/
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