Centinaia di studenti, tra cui musulmani e cinesi, non sono stati mandati in classe dai genitori a causa di un nuovo corso di educazione sessuale.
«Dove sono i miei diritti umani?»; «Rispettate i valori culturali e religiosi»; «I genitori dicono no ai curriculum sessuali». Sono solo alcuni dei cartelli sollevati da una folla stazionata ormai da giorni fuori dalla Thorncliffe Park Public School di Toronto. I genitori della scuola pubblica, che conta oltre 1.300 alunni, in un quartiere abitato in prevalenza da musulmani, hanno deciso di non mandare i figli a scuola e protestare per un mese contro il “Curriculum sull’educazione sessuale”.
IL PIANO FORMATIVO. La protesta era iniziata a marzo, un mese dopo l’annuncio da parte del premier dell’Ontario Kathleen Wynne dell’entrata in vigore del nuovo piano formativo in autunno. Precisamente, dopo che un volantino firmato da un “gruppo di cristiani cinesi” aveva informato i genitori della Thorncliffe Park Public School dei contenuti del Curriculum in cui si incoraggia, ad esempio, la masturbazione infantile come un modo “piacevole” per conoscere il proprio corpo o in cui si spiega che essere un ragazzo o una ragazza non dipende dall’anatomia fisica.
LA PROTESTA. Già il 4 maggio scorso circa 35 mila studenti di Toronto erano rimasti a casa da scuola, mentre nell’area metropolitana di York 2 mila alunni delle scuole elementari non erano entrati in classe, così come 1.170 studenti dell’area di Peel. Ma già allora lo zoccolo duro dei dissidenti era rappresentato dalla Thorncliffe Park Public School di Torono, dove su 1.350 studenti dai 3 ai 16 anni, ben 1.220 non si erano presentati in aula. Visto che il nuovo corso non è stato ritirato, i genitori della scuola, sostenuti dalla Canadian Families Alliance (Cfa), si sono decisi a scioperare per tutto il mese di settembre.
I primi giorni della protesta circa il 50 per cento degli alunni non è entrato a scuola, ma i numeri variano ogni giorno. Intanto la Cfa, formatasi per combattere il nuovo curriculum in rappresentanza di 25 associazioni dell’Ontario, ha richiamato tutta la regione a combattere tramite gli slogan “No School in September” e “We are Thorncliffe”. Ad aderire sono stati i genitori delle città di Mississauga, Peterborough, Ajax e Oshawa, che hanno deciso di scioperare in giorni differenti.
SCUOLA IN DIFFICOLTÀ. La reazione è stata tale che persino il candidato del partito liberale del distretto federale di Don Valley West, Rob Oliphant, abortista e omosessuale dichiarato, si è detto contrario al curriculum scolastico. Jack Fonseca, della Campaign Life Coalition, che sostiene la protesta, ha spiegato: «I liberal stanno perdendo consensi elettorali», tanto che Oliphant «finge di opporsi perché ha paura di perdere voti». Ma anche le scuole si trovano in difficoltà. Il preside della Thorncliffe, Jeff Crane, ha spiegato al Toronto Star che sono calate le reiscrizioni e che se non aumenteranno entro la fine del mese sarà costretto a fare «tagli significativi» al personale. A chi non vuole scioperare, la Cfa ha poi consigliato delle alternative come l’homeschooling (71 bambini delle città di Mississauga, Milton, London e Aurora sono già stati ritirati definitivamente da scuola), la cosiddetta scuola “part time”, scegliendo alcune materie da studiare a domicilio, o l’attività di lobbying affinché il governo finanzi le scuole indipendenti e la costituzione di scuole gestite dai genitori.
MUSULMANI PROTESTANO. Nikee Steinhoff, madre residente nella città canadese di London, ha deciso di educare i figli a casa e ha inviato una e-mail al portale Lifesitenews nella quale sottolinea: «Quando si tratta di proteggere i tuoi figli da un pericolo percepito, bisogna solo fare quello che è necessario». Mentre Nuzhat Khan, i cui tre figli frequentano la Thorncliffe, ha spiegato che se nulla cambierà iscriverà i figli alla scuola islamica. Dello stesso parere è Maria Saulat, madre di due alunni, che, ricordando gli alti costi delle scuole islamiche, ha chiarito: «Lavoreremo sodo, faremo il doppio degli sforzi. Ma in nessun modo manderemo i figli a scuola se non cambieranno la loro politica».
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