di ELISABETH ELLIOT – Quando cominciamo a pensare che i nostri problemi sono così profondi, così insolubili o così insoliti che nessuno davvero ci può capire, illudiamo noi stessi. È una delle tante illusioni di orgoglio, perché la scrittura ci dice non solo che il nostro sommo sacerdote, Cristo, è stato tentato in ogni maniera come noi, ma che nessuna tentazione è mai venuta sulla nostra via che non fosse comune per l’uomo. Non ci sono nuove tentazioni più di quanto ci sono nuovi peccati. La nostra storia, qualunque sia, è vecchia, e Colui che ha percorso la strada umana, è entrato pienamente nelle nostre esperienze di dolore e di sofferenza e le ha superate. Egli ha confortato altri nella nostra stessa situazione, è andato con loro nella stessa fornace ardente e nella stessa fossa dei leoni, li ha tirati fuori senza neanche l’odore del fumo, o il segno dei denti.
È una brutta cosa rifugiarsi nelle difficoltà, e scusare noi stessi dalla responsabilità verso gli altri perché pensiamo che la nostra situazione sia unica. Se siamo disposti a ricevere aiuto, il nostro Soccorritore è pronto – a volte nella forma di un altro essere umano mandato da Lui, qualificato da Lui, per aiutarci. Potrebbe succedere che non riceviamo aiuto perché siamo troppo orgogliosi di ricevere il genere o il tipo di aiuto che Dio ci manda. A volte in realtà preferiamo compiacerci.
“Infatti non abbiamo un sommo sacerdote che non possa simpatizzare con noi nelle nostre debolezze, poiché egli è stato tentato come noi in ogni cosa, senza commettere peccato. Accostiamoci dunque con piena fiducia al trono della grazia, per ottenere misericordia e trovar grazia ed essere soccorsi al momento opportuno.” (Ebrei 4:15-16)
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