I terroristi islamici nigeriani sono meno organizzati dello Stato islamico e non fanno altro che rubare, uccidere e bruciare. Ma sono armati come un esercito.
Lo Stato islamico almeno ci prova. Nei territori del Califfato siriano e iracheno la vita non è certo quella che vorrebbe far credere la propaganda di Twitter: ospedali che non funzionano, razioni di cibo che arrivano a intermittenza, costo del gas elevato, elettricità che va a singhiozzo, sharia per tutti ed esecuzioni sommarie. Però il tentativo dell’Isis è quello di mettere in piedi un vero e proprio Stato, per quanto barbaro.
GRANDE COME IL BELGIO. Boko Haram invece no: uccisioni indiscriminate, saccheggi, angherie e devastazioni sono tutto ciò che possono offrire agli abitanti del nord della Nigeria. I terroristi islamici governano su un’enclave di circa 30 mila chilometri quadrati, equivalente più o meno al Belgio, che comprende territori degli Stati settentrionali di Adamawa, Yobe e Borno. Da mesi ormai il leader Abubakar Shekau ha dichiarato ufficialmente la nascita di un califfato nigeriano e alcune testimonianze raccolte da Reuters aiutano a capire come Boko Haram amministra il potere nei territori conquistati.
FARE LA FAME. La città di Mubi è rimasta per poche settimane nelle mani dei terroristi, prima di essere riconquistata dall’esercito nigeriano. Shekau l’ha rinominata Madinatul Islam, Città dell’islam. Maryam Peter ricorda come si viveva in quel periodo: «Davano riso da mangiare, lo stesso riso che però avevano rubato dai negozi. Fornivano a tutte le donne un bollitore per cucinare e il velo per coprirsi». La gente però «era affamata, perché mangiava quasi solo mais e zucca. La carne non c’era perché i ribelli non la distribuivano». In compenso, tutti venivano interrogati ogni giorno, i movimenti di ciascuno erano controllati perché nessuno scappasse.
POZZI PIENI DI CADAVERI. La Croce Rossa, che è entrata nella città dopo la riconquista dell’esercito, offre un altro dettaglio. Dopo le stragi compiute, Boko Haram non aveva seppellito i corpi e non permetteva alla gente di toccare i cadaveri. Secondo i volontari, in città c’era un tanfo insopportabile di cadaveri decomposti e in putrefazione. Gli abitanti sopravvissuti «stavano per morire di fame e di sete. Mancava anche l’acqua potabile, perché quasi ogni pozzo era pieno di cadaveri».
«CITTÀ FANTASMA». Quando gli ufficiali nigeriani sono entrati a Mubi, hanno trovato una città devastata: «Era una città fantasma. Quasi ogni negozio era stato derubato. Ci sono volute ore per trovare una bottiglia d’acqua», spiega Phineas Elisha, portavoce del governo. Per non essere uccisi, afferma un sopravvissuto, bisogna stare dalla loro parte: «Loro si scrivono sui pantaloni o sul retro delle magliette il nome originale di Boko Haram, Jama’atu Ahlis Sunna Lidda’Awati Wal-Jihad. Quando li incontri devi farglielo vedere per mostrare che sei uno di loro».
ARMATI COME UN ESERCITO. I racconti di chi ha vissuto sotto Boko Haram dimostrano che la strategia del gruppo terrorista è molto meno sofisticata ed oculata di quella dell’Isis. Tuttavia, gli estremisti nigeriani non sono un semplice manipolo di tagliagole. Quando l’esercito li ha cacciati da Mubi, infatti, oltre a edifici distrutti e uomini malnutriti, hanno trovato un vero arsenale: granate, lanciarazzi, mitragliatori, armi automatiche, dinamite e armi contraeree. Fanatici e scriteriati sì, ma armati come un vero esercito.
Tratto da: http://www.tempi.it/
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