Natura: “La cultura della natura” di George Monibot

La-cultura-della-natura_mediumDue mesi fa, un fungo americano che mangia le tele è stato trovato negli Archivi della National Gallery. Dopo aver devastato le collezioni del Metropolitan e del Guggenheim negli Stati Uniti, sta ora penetrando nei depositi della galleria. Centinaia di vecchi quadri sono stati distrutti. I curatori temono che gran parte della collezione subirà la stessa sorte. I media hanno salutato la devastazione quasi in silenzio. Un articolo sulla prima pagina nella sezione recensioni del Guardian ha liquidato le espressioni di amore per i dipinti distrutti come “evasione borghese”. Coloro che cercano di fermare la diffusione del fungo delle tele sono stati paragonati a “demagoghi contrari all’immigrazione che sostengono che gli stranieri distruggeranno una cultura britannica unica e caratteristica”. Inconcepibile? Lo sperereste, e questa storia, fortunatamente è fittizia. Le riposte che ho citato, però, sono reali, quando si sostituisce l’arte con la natura.

All’inizio di questo anno, l’ex ministro dell’Energia John Hayes ha descritto le preoccupazioni per le foreste pluviali della Malesia e dell’Indonesia – che, insieme alle tigri, agli oranghi e a migliaia di specie uniche vengono ora distrutte per impiantare le colture da cui ricavare carburanti biologici – come “opinioni borghesi”. (Provenendo da un deputato conservatore, questa espressione è stata meravigliosa). Nella sezione delle recensione del Guardian di sabato, Steven Poole ha raccolto il suo appello ( Comfort of the wild) [Conforto della natura incontaminata, 6 luglio]. Facendo eco alle denunce di Mao della cultura cinese pre-rivoluzionaria, ha censurato chi di noi scrive del nostro amore per la natura definendolo borghese e snobistico, e ha suggerito che le nostre preoccupazioni per la diffusione degli animali e delle piante esotiche invasive sono una forma di cripto-fascismo – “la versione verde della Lega Inglese della Difesa”.

Le specie esotiche invasive sono un problema ecologico inequivocabile, familiare a chiunque cerchi di proteggere la biodiversità. Alcune creature che sono state introdotte in Gran Bretagna – come la lepre marrone, il gufo piccolo, il papavero da campo, il gittaione, la adonide primaverile – non danneggiano la loro nuova patria e sono amate e difese dagli amanti della natura. Altre, come il rospo gigante, il visone, i topi, il rododendro, la pueraria lobata, o il fungo che uccide gli alberi, possono rapidamente semplificare un ecosistema complesso, annientando molti dei suoi animali e piante endemiche. Hanno caratteristiche (per esempio, essere onnivore, che non vogliono la luce, tossici o non commestibili per ogni carnivoro o erbivoro nativo) che permettono loro di fare a pezzi un ecosistema. Queste non sono costruzioni culturali. Sono fatti biologici.

Considerate il problema della carie del legno negli edifici storici. E’ un problema molto importante. Chiunque ha trascurato la preoccupazione dei sovrintendenti come una forma di neofascismo sarebbe da considerare malato di mente. La carie del legno è una specie invasiva esotica, un fungo che, fino a quando non lo abbiamo introdotto nelle spedizioni di legname, viveva tranquillamente nei pini e negli alberi di tasso dell’Himalaya. Non controllato, poteva distruggere gran parte del nostro patrimonio culturale. Quale è la differenza? Perché l’ignoranza di arte e cultura della Guardia Rossa è diretta verso coloro i cui cuori sono infranti dalla distruzione incauta del mondo naturale, da persone che non si sognerebbero di banalizzare la distruzione incauta dei Buddha di Bamyan o la demolizione avvenuta il mese scorso di una piramide di 4000 anni fa a El Paradiso, in Perù? Penso che ci possono essere vari motivi. Il primo è l’ignoranza. Un’assenza completa di comprensione culturale sarebbe la morte delle carriere nei media. Una completa assenza di comprensione scientifica non è affatto un impedimento, dato che quasi tutti gli organi di stampa sono gestiti e dominati da persone laureate in materie umanistiche. Penso che tra alcuni commentatori ci sia anche il senso che l’interesse per il pianeta vivente è una verifica del progresso umano, un affronto all’idea dell’umanità vista come deus invictus, il dio senza peso che galleggia al di sopra delle ignobili realtà della vita sulla terra. Forse, però, la cosa più importante è l’assimilazione delle richieste di denaro. Al contrario della maggior parte delle arti, le meraviglie della natura spesso ostacolano i tentativi di estrarre risorse o di costruire aeroporti o centri commerciali. Gli attacchi delle grosse imprese alle persone che amano e cercano di difendere il mondo naturale sono penetrati in ogni poro. Culturalmente egemonico, il punto di vista degli imprenditori trova la sua espressione nei luoghi più improbabili. E quindi quelli tra di noi per i quali il mondo della natura è una fonte di gioia costante e di costante disperazione, e che vogliono immergersi nella natura, come altri si immergono nell’arte, che cercano di difendere le meraviglie che ci incantano, si trovano etichettati – dai giornali, iniziando con il Daily Mail e fino al Guardian – come romantici, persone che evadono dalla realtà e fascisti. Questo, suppongo sia il prezzo da pagare perché affrontiamo il potere del denaro.

Da Serenoregis.org


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