MOZAMBICO: ESTREMISMO ISLAMICO E DISORDINI NEL NORD DEL PAESE

Il 30 dicembre scorso, un gruppo jihadista ha ucciso almeno due persone e ferito altre quattro in un villaggio del distretto di Muidumbe, nella provincia di Cabo Delgado, in Mozambico.

“Stavamo cucinando quando abbiamo iniziato a sentire degli spari. Quando ho capito che erano terroristi ho preso la mia famiglia e sono fuggito”, ha raccontato un sopravvissuto. Le forze governative hanno tentato di fermare il gruppo armato a Namande ma gli scontri, proseguiti fino a tarda notte, hanno costretto la popolazione a lasciare le proprie abitazioni.

La provincia di Cabo Delgado si trova ancora a fare i conti con un’insurrezione armata che si protrae dal 2017 e che conta, fino a oggi, diversi attacchi violenti rivendicati dallo Stato islamico.

Dopo che a marzo del 2021 erano avvenuti i primi scontri nella città di Palma, a estremo nord del Paese, l’esercito mozambicano aveva intensificato le sue attività anche grazie al sostegno di circa 5.000 soldati provenienti dal Ruanda e dalla Southern African Development Community (SADC). L’esercito, in collaborazione con queste forze straniere, era quindi riuscito a mettere in sicurezza l’area colpita. Da quel momento però, nuove ondate di attacchi sono iniziate nel sud della regione e nella vicina provincia di Nampula.

Il 27 dicembre 2022, l’Ufficio delle Nazioni Unite per il Coordinamento degli Affari Umanitari (OCHA) ha pubblicato un rapporto sulla crisi umanitaria in corso nel nord del Mozambico. Nel rapporto si legge che, a novembre, gruppi armati hanno compiuto attacchi nei distretti di Balama, Chiure, Namuno, Meluco, Macomia, Muidumbe e Nangade, a Cabo Delgado, obbligando più di 49.000 persone (tra cui 13.000 donne e 25.900 bambini) a sfollare.

L’ultimo attacco, avvenuto venerdì scorso nel villaggio di Namande, è la prova che la violenza non è terminata nel nord del Mozambico. Secondo l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) i conflitti, dal 2017 a oggi, hanno causato più di 1 milione di sfollati e, stando ai dati del Progetto di Registrazione dei Conflitti ACLED, circa 4.000 morti.

Porte Aperte/Open Doors sta intensificando le sue attività nel Paese (alla posizione n.41 della World Watch List 2022), grazie alla collaborazione con partner locali, distribuendo cibo ai cristiani che non ricevono sufficienti aiuti alimentari tramite i canali di soccorso ufficiali.

L’ultimo attacco, avvenuto venerdì scorso nel villaggio di Namande, è la prova che la violenza non è terminata nel nord del Mozambico. Secondo l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) i conflitti, dal 2017 a oggi, hanno causato più di 1 milione di sfollati e, stando ai dati del Progetto di Registrazione dei Conflitti ACLED, circa 4.000 morti.

Porte Aperte/Open Doors sta intensificando le sue attività nel Paese (alla posizione n.41 della World Watch List 2022), grazie alla collaborazione con partner locali, distribuendo cibo ai cristiani che non ricevono sufficienti aiuti alimentari tramite i canali di soccorso ufficiali.

https://www.porteaperteitalia.org/mozambico-estremismo-islamico-e-disordini-nel-nord-del-paese/


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