Uno “scivolone”: così Barbara Righi Riva ha commentato le parole del sindaco di Modena che in una nota, la scorsa settimana, ha criticato ferocemente l’iniziativa pro life che lei, insieme al marito Marco Garuti e a decine e decine di volontari, ha portato in città negli ultimi mesi nei pressi delle cliniche dove si effettuano gli aborti.
L’iniziativa si chiama “Quaranta giorni per la vita”: è molto frequente all’estero, in Paesi come gli Usa, mentre in Italia è approdata proprio a Modena, e consiste nel radunarsi in preghiera, semplicemente in preghiera, per tentare così di scongiurare la pratica abortista. I raduni si tengono dalle 7 alle 19.
Un’idea, come si diceva, che non è piaciuta al sindaco Mezzetti, il quale ha accolto la protesta di alcune femministe del gruppo Pro-Choice e in un comunicato ha usato parole dure per definire l’evento: «Come sindaco – ha detto – non può lasciarmi indifferente che ci si raduni per condizionare – con subdola violenza – l’esercizio di un diritto stabilito da una legge dello Stato che a sua volta fu una conquista nata da una grande mobilitazione dal basso in tutto il Paese, soprattutto delle donne e del movimento femminista e delle donne».
Parole alle quali Pro Vita & Famiglia aveva prontamente risposto, difendendo l’operato di chi semplicemente prega e non fa nulla di male, altro che “subdola violenza”. «L’unica violenza – aveva infatti commentato Toni Brandi, presidente della onlus – è la totale assenza di una corretta informazione su cosa sia davvero l’aborto, quali rischi e danni per la salute della madre può comportare. Subdolo e violento, semmai, è chi continua a dire che l’aborto è l’unica e sola strada sicura da percorrere, senza dare alternative valide e concrete alle donne che affrontano una gravidanza difficile, fragile o indesiderata. Subdolo e violento è chi continua, in modo anti-scientifico, a dire che quello nel grembo materno, nelle prime settimane, è solo un grumo di cellule e non è un vero unico, irripetibile essere umano, come confermano 9 biologi su 10».
A pochi giorni dalla polemica siamo tornati sull’accaduto, raccogliendo la testimonianza diretta proprio di Barbara, che ha ribadito ai nostri microfoni: «è stato un grande scivolone da parte del primo cittadino che ha usato toni sicuramente eccessivi, come la parola violenza, per qualificare delle persone raccolte in preghiera. Uno scivolone ancora più pazzesco se pensiamo che si è qualificato come sindaco di tutti e dell’inclusione». Del resto Barbara, il marito e tutti i partecipanti alle veglie sono abituati agli affronti: «Noi non dobbiamo rispondere alle provocazioni, che sono pure innumerevoli. Del resto ci dicono di tutto quando ci vedono: parolacce, insulti. Noi dobbiamo essere grati che si parli di questo tema. Perché quello che più spaventa è l’indifferenza soprattutto dei giovani che non hanno coscienza di cosa sia l’aborto: per molti di loro è come fosse poco più che un’appendicite. Colpa della società dell’indifferenza che li cresce senza valori».
Eppure alle veglie si vedono spesso delle giovani coppie e le giovani donne a volte comprendono, a volte urlano la loro rabbia, a volte la loro gioia. «Mi è capitato – racconta felice – che una giovane donna si fermasse con l’auto davanti al nostro gruppo e ci urlasse con tutta la sua gioia: “Stavo pensando di abortire, ma grazie a voi ho desistito”». Parole che confortano e convincono, marito e moglie, ad insistere nell’iniziativa. Nonostante le dichiarazioni contrarie del sindaco e quelle, a sorpresa, dell’arcivescovo di Modena-Nonantola Erio Castellucci che ha parlato di «evento inopportuno e provocatore»; dichiarazioni che però, ci confida Barbara, «non hanno scoraggiato i fedeli anzi, al contrario, hanno invogliato molti a partecipare alla preghiera».
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