Da quando scrivo, in tutti questi anni, non mi sono mai trovato a scrivere parole più difficili, più devastanti di queste: ieri il Signore ha chiamato a sé mi figlio. Il mio amato figlio, il mio dolce bambino, il mio bambino gentile, il dono di Dio, il mio unico figlio.
Nick stava giocando con sua sorella, la sua fidanzata e altri studenti quando improvvisamente è collassato.
Studenti, paramedici e dottori hanno combattuto valorosamente ed intensamente, ma non hanno potuto salvarlo.
Adesso mio figlio è con il Signore cha amava, il Signore che desiderava servire.
Non abbiamo risposte sul perché o percome sia accaduto.
Ieri Aileen ed io abbiamo pianto e pianto, ancora e ancora, finché non avevamo più lacrime da piangere.
Poi, più tardi quella sera, ci siamo guardati l’un l’altra negli occhi e ci siamo detti: “possiamo farcela”. Non vogliamo farlo, ma possiamo farlo: questo dolore, questo lutto, questa devastazione. Possiamo farlo perché sappiamo che non affronteremo tutto questo solo con le nostre forze.
Possiamo farlo come cristiani, come il figlio e la figlia di un Padre che sa cosa significhi perdere un Figlio.
Abbiamo viaggiato tutta la notte fino a Louisville per poter essere insieme, come famiglia, ancora una volta.
Vi chiediamo di ricordarci nelle vostre preghiere mentre piangiamo la nostra perdita.
Siamo consapevoli che ci aspettano giorni duri e notti insonni.
Ma in tutto questo, anche se le nostre menti sono disorientate e i nostri cuori sono spezzati, la nostra speranza è ferma e la nostra fede è serbata.
Nostro figlio è a casa.
Tim
(Traduzione a cura di Marcello Antonino)
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