La migrazione nella Bibbia e cosa ci può insegnare per vivere nel mondo attuale.
Senza pensare a grandi migrazioni, i numeri che riguardano le persone che vivono lontane dal loro paese di origine sono altissimi. Si tratta di spostamenti che non destano preoccupazioni rilevanti anche se pongono sempre di fronte al confronto tra due esperienze, lingue, culture differenti. Ciclicamente le cose si complicano a causa di carestie, guerre ed eventi avversi che rendono inevitabile, per un gruppo più o meno grande di persone, allontanarsi da casa per cercarne un’altra. Rispetto alle migrazioni, quello attuale è sicuramente un panorama complesso che vede un crescente clima di sospetto e, come dice Maurizio Abbà, pastore a Pavia e responsabile delle attività culturali del centro evangelico della cultura di Sondrio, «un razzismo crescente su cui bisogna vigilare. Razzismo presente dentro di noi, anche se diciamo di poterlo espellere facilmente. Dobbiamo fare molta attenzione ai pregiudizi e agli stereotipi giacenti che possono sempre affiorare in maniera prepotente. Soprattutto le religioni devono sorvegliare e sorvegliarsi per evitare di alimentare la violenza».
Nella Bibbia la dimensione del movimento è non solo presente, ma fondante. Su quelle che sono le condizioni che portano a essere dei migranti si può rispondere pensando a Mosè che scappa dall’Egitto, alla famiglia di Gesù che scappa da Erode. Il movimento diventa condizione esistenziale del popolo di Israele, considerato un patrimonio culturale, genetico e spirituale. Uno dei primi racconti di viaggio è in Genesi 12 quando Dio dice ad Abramo di partire e andarsene, facendo direttamente di lui un migrante.
Da dove partirebbe per parlare di migrazione nella Bibbia?
«Partirei senz’altro dall’inizio, dal libro della Genesi, da quella grande parola di cui si può avere tanto affetto e nostalgia, ma soprattutto prospettiva di speranza, che è paradiso: anagrammata, nella lingua italiana, ci dà rapsodia. Parola che evoca la musica, ma che ci porta ancora oltre attraverso un altro anagramma: diaspora.
Come sappiamo da Genesi, capitolo 4, ci fu la cacciata dal giardino dell’Eden, dal giardino del paradiso; da lì, giocoforza, iniziò tutta la storia umana e di tutte le creature come noi la conosciamo, e come noi siamo inseriti in essa. Com’è noto gli altri libri li leggiamo, la Bibbia invece ci legge, e sono stati menzionati Abramo e Mosè, ma possiamo citare, sempre all’interno della Bibbia ebraica, Ruth, nel Nuovo Testamento certamente l’apostolo Paolo con tutti i suoi viaggi avventurosi.
Sono viaggi che prevedono molte asprezze e difficoltà, pensiamo a quando una delle tante Miriam del Nuovo Testamento, la ragazza che è stata madre di Gesù di Nazareth, in gravidanza deve affrontare un aspro percorso, in parte da sola, in parte accompagnata da Elisabeth. Pensiamo al libro dell’Esodo, il libro del viaggio, pensiamo anche ai nostri esodi!
Quando si parla di terra promessa solitamente le traduzioni riportano “terra promessa che stilla latte e miele”. Appropriatamente lo scrittore Erri De Luca ci ha riportati alla traduzione a calco del testo che è: terra che ha mestruo di latte e miele. Mestruo che ci indica la difficoltà di un percorso ma anche la sua ciclicità e quindi la benedizione che ritorna, ma anche la difficoltà di perdere ciclicamente qualcosa per poi tornare a rinforzarsi. L’importante è poter sempre fare un percorso non da solo, ma con gli altri».
Abbiamo cominciato con alcuni anagrammi, ci hai riportato il significato letterale di alcuni vocaboli e in effetti il vocabolario è da prendere in considerazione. Nella Bibbia c’è il concetto di migrazione e come si può tradurre?
«Chi è il migrante ce lo ricorda anche un grande artista, Massimo Troisi, nel suo film Ricomincio da tre, in cui ci raccontava del napoletano che si sposta sul quale vige lo stereotipo che non può mai viaggiare per turismo, deve sempre essere un migrante.
Il migrante può esserlo per necessità, per costrizione, come purtroppo accade in maniera anche molto urgente, come è successo agli italiani in epoche non lontanissime. Tutta l’umanità deriva da grandi migrazioni che ci sono state tra 19.000 e 5000 anni fa. Questo fa dire, come dicono importanti scienziati ed è riportato da varie ricerche, che non esistono popolazioni dai geni puri; c’è sempre stata una mescolanza. Vorrei citare il filosofo della politica Roberto Escobar che ha scritto un libro per Il Mulino, La metamorfosi della paura, secondo cui tutte le paure arrivano con questi spostamenti: giustamente Roberto Escobar ci parla dello straniero come veleno e, al contempo, antidoto, perché si strumentalizza la paura dello straniero per riportare un certo tipo di ordine».
Ci sono nella Bibbia degli esempi o qualche descrizione su come vengono definiti quelli che arrivano, se hanno meno diritti, come vengono accolti e quando si smette di considerarli stranieri?
«Abbiamo diversi casi, ad esempio nella chiesa delle origini, in cui tutti i discepoli di Gesù Cristo sono ebrei, si vedono arrivare quelli che sono chiamati i gentili, cioè provenienti dalle genti, dal paganesimo. Arrivo che aprì il dibattito sulla possibilità di accoglierli, come accoglierli, se farli passare dalle pratiche e dalle usanze ebraiche oppure ammetterli direttamente. Sono dibattiti che tornano sovente nella storia. La necessità, dal punto di vista del discepolato cristiano, è quella di riuscire a includere valorizzando le differenze, che altrimenti vengono annullate da quel pensiero unico che non aiuta per nulla. Si tratta di includere e valorizzare le differenze come anche la storia valdese insegna. Se abbiamo qualcosa da offrire come valdesi, oltre alla lettura della Bibbia, è proprio questa: la libertà della diversità. Diversità che non va vissuta come qualcosa di negativo bensì di arricchente, per avere sempre nuovi sguardi».
Immagine: Di Giovanni Poso – http://www.naviearmatori.net/gallery/viewimage.php?id=7916, Pubblico dominio, https://it.wikipedia.org/w/index.php?curid=3778232
di Daniela Grill e Susanna Ricci | Riforma.it
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