Una madre ha scoperto che un’azienda le ha rubato la foto per sponsorizzare un prodotto con lo slogan: “Non permettere che capiti anche a te”.
In Inghilterra sono in forte aumento gli aborti di quei bambini che potrebbero essere affetti da sindrome di Down o altre malattie genetiche. Tra le cause principali ci sono nuovi test del sangue, disponibili sul mercato da pochi anni, che vengono presentati come «necessari per non mettere a rischio il bambino non nato». Solo se sano ovviamente. Come riportato dal dipartimento della Salute inglese, è l’alternativa all’amniocentesi, che prevede il prelievo con un ago del tessuto del bambino in grembo rischiando di ucciderlo.
CRESCONO GLI ABORTI. Se nel 2011, 2.300 donne hanno scelto l’aborto perché il bambino presentava malattie genetiche (soprattutto la sindrome di Down), nel 2014 il numero è salito a 3.100. Una crescita del 34 per cento.
Secondo gli esperti il test del sangue “fai-da-te”, venduto a 500 sterline e utilizzabile a domicilio, è diventato più popolare dell’amniocentesi grazie alla sua parvenza meno invasiva. Il test, però, ha anche un più alto margine di errore diagnostico.
POCO TRANQUILLI. Questi test possono dare tre possibili risultati: sano, malato, molto probabilmente malato. Ma c’è un problema, come ricorda Jane Fisher, direttrice della organizzazione Antenatal Results and Choice: «Le statistiche dicono che l’uso dei test più invasivi è calato drasticamente. È importante ricordare che questi nuovi test sanguigni non sono test diagnostici, indicano una probabilità. Quindi le donne che figurano ad alto rischio dovrebbero fare l’amniocentesi per confermare ogni possibile anomalia».
LA FOTO RUBATA. In questi giorni, la madre canadese di una ragazzina down malata di tumore si è scagliata contro l’azienda Genoma, che diffonde uno di questi test, “Tranquility”. L’azienda infatti ha usato come testimonial sua figlia, rubando la sua foto dal blog della madre: «Mia figlia è stata usata [in Spagna] nel poster pubblicitario di un test prenatale chiamato “Tranquility”. Messa lì come un ammonimento: “Non permettere che capiti anche a te”». La donna, che ha chiesto di rimuovere l’immagine, si è sentita rispondere dall’azienda che l’azione è legale. Pentita per aver utilizzata la foto online e perché «ho fallito nel proteggerla», ha spiegato: «Quando ho visto con i miei occhi il suo viso dolce su quel brutto banner, mi si è spezzato il cuore. Mentre la mia ragazza si batte con coraggio per la vita, questa azienda si chiede se quella stessa vita sia degna di essere vissuta o meno. Come osano?!».
«CAMPAGNA DENIGRATORIA». E poi, ha continuato la madre, «parliamoci chiaro, con un tasso di abortività del 90/95 per cento in questi casi, l’obiettivo principale di questi test non è la preparazione dei genitori (alla nascita del figlio, ndr). Lo trovo moralmente riprovevole». Se si sono ridotti a rubare una foto, secondo lei, è perché «non riuscivano a trovare un genitore disposto» a mettere la faccia di suo figlio su quel poster. Infine, spiega la donna: «La campagna è così denigratoria nei confronti di persone con la sindrome di Down che ha prodotto una valanga di reclami da parte dei genitori interessati e degli attivisti per i diritti dei disabili in Spagna».
Benedetta Frigerio
da: Tempi.it/
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