“Signore, ti chiedo perdono per avere scelto la strada sbagliata… le vie del mondo non danno la felicità… Tu sei la Via giusta, perdonami… Chiedo a Gesù di entrare nel mio cuore. Padre, benedici i miei genitori, sono due persone fantastiche… proteggi Daniela… ”
Le parole di questa preghiera sono state le ultime che ho sentito dire da mia figlia Elisa, prima che entrasse nello stato di coma farmacologico a cui l’avrebbero sottoposta i medici dell’ospedale dov’era ricoverata. Queste parole, le “ultime nel peccato”, le prime nella “pace del Signore”, costituiscono l’unico bel ricordo di quattordici giorni di sofferenza, due lunghe settimane di malattia. Desidero condividere con te quel triste periodo perché proprio in quei giorni Elisa si è avvicinata al Signore, perché è nella sofferenza che Elisa ha incontrato Gesù. La sua partenza per la “patria celeste” non deve solo ricordare il dolore del distacco, ma la gioia dell’inizio di una vita migliore in Cristo Gesù. “Poiché Dio ha tanto amato il mondo che ha dato il Suo unico Figlio, affinché chiunque crede in Lui non perisca, ma abbia vita eterna.” Giovanni 3:16.
Domenica 8 luglio 2001
Elisa comincia a manifestare i primi sintomi della malattia; il primo mal di schiena, la prima febbre. La accompagnano al pronto soccorso, le fanno una radiografia… diagnosi: versamento polmonare.
Lunedì 9 luglio
Il dolore alla schiena è sempre più forte. Accompagno Elisa per una seconda volta al pronto soccorso, questa volta viene ricoverata in ospedale. Trascorro la notte con lei, e come ho sempre fatto, da madre cristiana, le parlo del Signore, del Suo meraviglioso piano di salvezza, e prego. Le vengono prestate le prime cure, ma il dolore aumenta e il respiro si fa sempre più affannoso. Diverse volte chiamo il medico… viene visitata dal pneumologo, le riscontra un’embolia polmonare.
Martedì 10 luglio
Per aiutarla nella respirazione le viene somministrato l’ossigeno. Elisa si aggrava. Lo staff medico decide di ricoverarla all’ospedale di Reggio Emilia. Mentre gli infermieri organizzano il trasporto in ambulanza, “Elli” viene sottoposta ad un intervento in anestesia locale: le viene inserito un catetere venoso nel collo, collegato ad una “macchinetta”. E’ importante mantenere il sangue fluido, il rischio che si distacchi un embolo si fa sempre più elevato. Mentre attendo fuori dal reparto operatorio mi rivolgo a Dio: solo in Lui posso trovare la pace, la certezza, e a Lui in quel momento affido mia figlia:
“Padre Santo, so che nel tuo immenso amore non ci abbandonerai in questa prova. Prenditi cura di lei, e concedi a noi genitori la forza della fede e la certezza che tutto è nelle Tue mani.” “… affinché tutto quel che chiederete al Padre nel mio nome, Egli ve lo dia.” Giovanni 15:16. Arriviamo a Reggio E. Elisa viene sottoposta a scintigrafia e la diagnosi di embolia sembra essere la più probabile, anche se rimane qualche dubbio. Nel frattempo le condizioni di Elisa peggiorano, soffre e respira a fatica. Non permetto al dolore di vincermi, continuo a pregare, a parlarle del Signore e di come solo Lui può liberarci da tutto e darci in Gesù la gioia. “Venite a me voi tutti che siete travagliati ed aggravati, ed io vi darò riposo… ” Matteo 11:28.
Mercoledì 11 luglio
Elisa non riesce a respirare senza l’ossigeno, non può nemmeno alzarsi dal letto; deve tenere la mascherina, è cosciente di tutto ciò che le sta succedendo. Cerco di trasmetterle calma e serenità, anche se per me non è facile. Trattengo a stento le lacrime: in quel letto c’è mia figlia! Ma ho fede, so che nulla è dovuto al caso e che Gesù è con noi. “Io sono con voi tutti i giorni… ” Matteo 28:20.
Giovedì 12 luglio
Nelle prime ore del mattino le condizioni di Elisa si aggravano maggiormente: la maschera dell’ossigeno non basta più, le viene fatto indossare un “casco” e viene trasferita nel reparto di rianimazione e terapia intensiva. In questo reparto non è concesso rimanere accanto ai pazienti se non per mezz’ora al giorno, dalle 19.00 alle 19.30. Sono circa le due del mattino: il primo distacco da Elisa. Se sei un genitore, forse puoi immaginare cosa posso avere provato in quel momento. Se sei un figlio, puoi immaginare cosa può aver provato Elisa. Alla disperazione umana ha risposto la pace di Dio: Elisa non era sola, Gesù era con lei. Questa mia certezza non era un sentimento dettato dal dolore: di lì a pochi giorni ne avrei avuto la conferma. In tarda mattinata riesco a parlare con il primario del reparto: “… La situazione è difficile… la respirazione peggiora… dovremo intubare… ” Posso vedere mia figlia attraverso il monitor: anche con il “casco” respira a fatica. Non voglio lasciarmi prendere dalla disperazione. Prego, chiedo a Dio la forza. Non una forza di rassegnazione e di impotenza. Non è di una forza umana che ho bisogno. So che il mio aiuto può venire solo dall’alto, da Colui che ha creato il cielo e la terra, che ha creato l’uomo e ha vinto la morte.
Verso il tardo pomeriggio, mentre torno all’ospedale per l’orario di visita, provo una strana sensazione, e ringraziando il Signore con canti di gioia penso: “Sono sicura, Elisa sta meglio.” Non sempre l’orario di ingresso stabilito dal reparto corrisponde a quello in cui si può entrare, e l’attesa è particolarmente snervante: mille perché ti assalgono fuori da quella porta, ma questa sera sono “stranamente” felice. “Sì, sono sicura, Elisa sta meglio” continuo a ripetermi, “il Signore ha risposto alla mia preghiera.” Finalmente l’infermiera chiama i parenti; in un silenzio ovattato e in fila indiana indossiamo camice, cappello, mascherina, guanti, scarpe, il tutto sterile. Entriamo nelle camere dei nostri cari , credo tutti con lo stesso sentimento e la medesima agitazione. “Eccola, eccola la mia ragazza!” E’ impossibile, almeno per me, descrivere quello che si prova nel vedere la propria figlia gravemente ammalata e in un letto d’ospedale. “Grazie a Dio non è intubata” penso, “lo sapevo, sta meglio!” Respirando con molta fatica, nonostante indossi il “casco”, Elisa mi comunica la sua gioia di vedermi. La accarezzo, le stringo le mani, “Ti voglio bene”, le dico. Ricordo il suo sguardo tranquillo, ora ci sono io, la sua mamma. Chiacchieriamo, e ad un tratto mi chiede di pregare. “Mamma, preghiamo… ” Che gioia, chiesto da lei! “Tocca a te pregare” le dico, “io lo faccio sempre!” La sua preghiera è quella che hai letto all’inizio di questo diario. Permettimi di ricordarla ancora una volta. “Signore, ti chiedo perdono per avere scelto la strada sbagliata… le vie del mondo non danno la felicità… Tu sei la Via giusta, perdonami… Chiedo a Gesù di entrare nel mio cuore. Padre, benedici i miei genitori, sono due persone fantastiche… proteggi Daniela… Amen… Amen!” Non riesco a trattenere le lacrime. Chi, come me, conosce il significato di questa preghiera, sa cosa vuole dire “accettare Gesù”: riconoscerlo con un atto di fede come personale Salvatore e Signore della propria vita. Sono passati undici anni da quando anch’io feci una preghiera simile, da quando anch’io, in circostanze molto diverse da questa, fui convinta dall’amore di Cristo, che aveva dato la propria vita per pagare un debito che nessuno è in grado di pagare, il debito della nostra ribellione a Dio. Era luglio, undici anni fa: quella preghiera, la preghiera della mia conversione, cambiò completamente la mia esistenza. “Se uno è in Cristo, egli è una nuova creatura: le cose vecchie sono passate: ecco, sono diventate nuove. E tutto questo viene da Dio che ci ha riconciliati con sé per mezzo di Cristo… ” II Corinzi 5:17,18. Piango, piango di gioia, quanto avevo pregato per la conversione di Elisa, ed ora ho assistito al miracolo della sua salvezza. Le mie mani stringono le sue, non vorrei più andarmene, ma in terapia intensiva sono severi, scaduto l’orario di visita bisogna uscire. Questa è stata l’ultima volta che ho sentito la voce della mia ragazza.
Prima di lasciare il reparto parlo con il medico di turno. “Le cose non vanno molto bene, l’ossigeno nel sangue sta calando, la respirazione è sempre più difficile. I polmoni, soprattutto quello destro, si stanno aggravando. Dovremo intubare e drenare.” “Dottore, cos’ha mia figlia?” “Non lo sappiamo ancora con precisione, dopo il drenaggio analizzeremo il liquido.” “Non fatela soffrire.”
“Non si preoccupi, verrà sedata.” Mi avvio verso la mia auto… piango… piango non so quanto. “Signore, perché, perché sentivo tanta gioia nel cuore, perché ero così felice!? Ero certa di avere buone notizie. Signore, fammi questo miracolo.”
In quel momento, offuscata dal dolore, non mi rendevo conto che il miracolo, quello vero, era già avvenuto. Elisa si era convertita: comunque fossero andate le cose, non avrei più perso mia figlia.
Venerdì 13 luglio
Puntuale come sempre, alle 11,30 sono in attesa di parlare con il primario. Momenti di ansia, di speranza, di paura. Finalmente è il mio turno. Entro in quello studio preceduta dal dottore, e prima ancora che si metta a parlare, scruto ogni cenno del suo viso come per anticipare le sue parole. Sono pronta a tutto, il cuore batte forte e… spero, spero, spero! “Elisa… andiamo male.” Ho sentito questa frase ripetutamente per undici giorni. Per undici giorni durante la visita di mezzogiorno l’ho vista attraverso il monitor. Ogni giorno la situazione si aggravava sempre di più. Nel mio dolore ero certa di non essere sola, il Signore è sempre stato al mio fianco, condividendo con me lacrime e speranze. Quando entravo nella sua stanza la mia forza veniva sempre più messa alla prova, e quel venerdì non mi è bastata. Elisa era in coma vigile, intubata, due drenaggi nel polmone destro, un sondino nel naso per la nutrizione, flebo, diversi monitor, orologi, rumori strani… quella era mia figlia. Ho pianto, solo il Signore sa quanto ho pianto. A placare il mio dolore, l’eco delle parole della sua preghiera.
“Dio mio, grazie, so che tutto è nelle tue mani, so quanto ci ami e so che conti tutte le mie lacrime. Infondici la tua pace, aiutaci a proseguire il nostro cammino.”
Sabato 14 luglio
La speranza non cessa di alimentare i miei pensieri. Mi incontro con i medici, solito verdetto: non c’è miglioramento. Ore 19:00, finalmente posso entrare da Elisa. La mia bambina!… Quante cose ho da dirti, quante carezze voglio farti… L’infermiera mi avvisa che nello stato di coma vigile Elisa è in grado di sentirmi, e allora parlo, le parlo della sorellina, del papà, del suo ragazzo, ma soprattutto le parlo del Signore e prego su di lei. Mentre la accarezzo, la mia mano si ferma sul cuore: il battito è molto accelerato. Sento su di me tutta la fatica che deve fare per respirare. “Come posso aiutarti?” Prima di salutarla chiedo al Signore di mandare i suoi angeli. Elisa non si deve sentire sola.
Domenica 15 luglio
In terapia intensiva non esiste giorno di festa, e anche per me ora i giorni della settimana non hanno né un inizio, né una fine. Solo la domenica si
contraddistingue dagli altri: è il giorno del Signore. Prima di andare all’ospedale partecipo al culto. Preghiamo molto, non solo preghiere di richiesta, ma anche preghiere e inni di lode. Il Signore è con me, anzi, con noi. Ho sempre sentito la Sua presenza al mio fianco, le Sue promesse mi hanno sempre sostenuta in ogni difficoltà. Nel libro di Isaia si legge: “Non temere, io sarò sempre con te.” Isaia 43:5. Ore 12:00, sono in attesa del bollettino medico. “Abbiamo ricevuto una telefonata dal laboratorio di Parma, pare si tratti di un batterio, lo ‘stafilococco aureo’. Possiamo partire con una terapia mirata.” “O Dio ti ringrazio! Finalmente una speranza. Signore, grazie per la tua risposta, presto potrò riavere la mia Elisa.” Da lì a due giorni la mia speranza sarebbe crollata. Elisa non reagiva, l’infezione la stava devastando.
Mercoledì 18 luglio
Quel giorno mentre il primario mi parla non riesce a guardarmi negli occhi, e fissando il pavimento pronuncia la parola “tracheotomia”. Piango, senza però cadere nella disperazione “Il Signore è con noi, niente è dovuto al caso.” Io continuo ad aspettare il miracolo, conosco la fedeltà del Signore. Ora di visita: prima di entrare nella sua stanza mi avvisano di averla sedata molto, questo per rallentare le funzioni vitali e permettere un adattamento dei polmoni alla macchina. Il naso è libero dal respiratore, posso accarezzarle le guance, posso baciarla sulla fronte. Noto che è gonfia, mi viene spiegato che è dovuto all’infezione. Prendo la sua mano fra le mie, nonostante il gonfiore si nota ancora la particolarità del suo dito mignolo leggermente curvo verso l’interno. E’ molto sedata e non sono sicura che possa sentirmi. Non ha importanza, continuo a parlarle, prego su di lei e so che la mia preghiera è ascoltata, così come sono certa della presenza del Signore. “Ciao Elisa, ci vediamo domani. Signore, prenditi cura di lei.” Nei giorni successivi l’infezione non le dà tregua. Ogni giorno che passa la medicina aggiunge qualcosa di nuovo per aiutare Elisa a vivere. Umanamente parlando sono sull’orlo della disperazione, ma la pace del Signore non mi abbandona mai: aspetto il miracolo, e so che il miracolo ci sarà.
Lunedì 23 luglio
Solito rituale, solite parole, anche i medici ormai non sanno più cosa dirmi, percepisco il loro imbarazzo, si sentono impotenti davanti alla mia certezza. Anche loro cominciano ad usare la parola “miracolo”. Vengo avvisata che anche il polmone destro è stato drenato, e non solo, per il rischio di un arresto cardiaco le hanno posizionato un catetere nel cuore. I medici stano tentando il tutto per tutto, ma i polmoni sono molto compromessi. “Per aiutarla a respirare le stiamo dando ossigeno puro al 100%, ma non sappiamo quanto potrà resistere.”
Lunedì pomeriggio il tempo trascorre lento, ho fretta di andare da Elisa: come l’avrei trovata quel giorno? Ore 19:00, sono da lei: “Signore, dammi la forza!” Mi avvicino al suo letto, ho tanta voglia di prenderla fra le braccia, odio tutti quei tubi che aumentano di giorno in giorno. Elisa è gonfia, respira molto male, forse è la macchina che la fa respirare. Prendo come sempre la sua mano fra le mie. Uno strano pensiero mi assale: “questa è l’ultima volta che sento il calore della tua mano.” “Signore, perché penso questo, io sto aspettando un miracolo! Là dove non può arrivare la scienza intervieni Tu, Ti prego, non ci abbandonare proprio adesso.” “Signora, l’ora di visita è finita… ” “Ciao Elisa, che il Signore ti benedica.”
Martedì 24 luglio
Ore 7:00 mi sveglio ed esulto di gioia: è trascorsa la notte, non ho ricevuto nessuna telefonata… Elisa ha superato la crisi. Alle 8:30 squilla il telefono.
“Signora Lugli? Sono il medico della rianimazione… mi dispiace… Elisa non ce l’ha fatta.” “Quando è successo?” “Alle 7:45.” “Grazie, arriviamo.” Non verso una lacrima. Mi rivolgo al mio Padre Celeste. “Signore, perché, perché ho sempre sentito la tua pace come una conferma alle mie richieste di guarigione? Signore, io aspettavo il miracolo!” “Chi crede in me (…) è passato dalla morte alla vita” Giovanni 5:24. “Io sono venuto affinché abbiano la vita, e l’abbiano in abbondanza.” Giovanni 10:10. “Signore, grazie, ecco il miracolo! Ora comprendo il perché della mia gioia il giorno della conversione di Elisa giovedì 12 Luglio. So per certo che Elisa è con Te, so per certo che la rivedrò, so che lei adesso è in un luogo migliore, so che Gesù l’ha accolta. So tutto questo perché queste sono le Tue promesse.” Io aspettavo la guarigione fisica di mia figlia, ma il Signore è andato oltre le mie richieste. La vita nella carne dura un tempo, la vita in Cristo dura per l’eternità. Non ho perso Elisa, ci riabbracceremo nella Patria Celeste. Ho voluto condividere con te i giorni della malattia di Elisa, non per rattristarti o per farmi del male rievocando il ricordo di mia figlia in un letto della rianimazione, ma per trasmetterti la gioia e la pace che ci sono davanti a Dio. I nostri pensieri non sono i suoi, so che Lui ha guidato ogni cosa
meravigliosamente bene, so che ci ama di un amore immenso, un amore tanto grande che ha innalzato sulla croce il Suo unico Figlio, Gesù, perché pagasse le nostre colpe e ci donasse pace con Lui. Elisa ha creduto questo ed ora è in pace. Io credo che la sua “partenza” voglia ricordare a me, a te e a tutti quelli che non conoscono Gesù le parole che Lui stesso ha detto:
“Io sono la Via, la Verità e la Vita: nessuno viene al Padre se non per mezzo di me.” Giovanni 14:6
Da questa storia è nata il cantico cristiano:
Da ora in poi
Mentre leggi il cantico ascoltalo
Lui sta bussando al Tuo cuor,
Ti sta chiedendo di arrenderti
abbandonandoti al Suo amor
rispondi sì, a Lui ch’è il Signor!
Ed ora un pianto di gioia le tue paure via porterà:
la Sua presenza è forte in te
sei certo che Gesù vive in te.
Una nuova vita ti aspetta ormai
con Gesù, con Gesù.
E da ora in poi sarà al tuo fianco
Ti proteggerà nel Suo immenso amor
solo non sarai, da ora e per sempre
Lui ha promesso che
non Ti scorderà, non Ti scorderà.
Domani forse avrai domande e dubbi che avevi già
ma non lasciarti buttare giù
Lui finirà la Sua opera in te.
Una nuova vita ti aspetta ormai
con Gesù, con Gesù.
E da ora in poi sarà la tua forza
se in difficoltà tu ti troverai
gioia donerà al tuo triste cuore
Lui ha promesso che non Ti scorderà.
Il mondo passerà, ma tu vivrai per sempre
nel Suo amor.
Scritta dalla Signora Lugli, madre di Elisa
Storie di Fede Vissute
https://www.facebook.com/storiedifedevissute.blogspot.it
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