Giusto un anno fa, dal 27 marzo al 1 aprile 2022, un numero imprecisato di civili (tra almeno 200 a oltre 400, tra loro qualche “sospetto jihadista”) vennero trucidati dall’esercito del Mali e da milizie mercenarie straniere (si parlò esplicitamente della Wagner) nel villaggio di Moura (nel circondario di Djenné, regione di Mopti, a circa 400 chilometri da Bamako).
E finalmente il rapporto dell’inchiesta, rimasto bloccato da mesi, starebbe per essere reso pubblico. Immediatamente denunciato da Human Rights Watch (dopo solo tre-quattro giorni), il massacro sarebbe avvenuto a seguito dell’arresto di un gran numero di persone catturate (in parte poi liberate) durante un’operazione militare. Le esecuzioni sommarie sarebbero avvenute in momenti successivi, a piccoli gruppi. Nella comunicazione ufficiale (1 aprile) del ministero della Difesa del Mali si annunciava che dal 23 al 31 marzo l’esercito aveva ucciso 203 terroristi (o ritenuti tali) e ne aveva arrestati una cinquantina.
Tale eventi avrebbero rappresentato una azione preventiva per impedire la prevista riunione tra vari battaglioni di islamisti (Katibat). Tuttavia, per la portavoce di Sahel à Human Rights Watch “gli abusi commessi dai gruppi islamisti armati non costituiscono comunque una giustificazione per il massacro deliberato delle persone catturate dall’esercito”. E quindi il governo aveva il dovere di “investigare su tale atrocità” (la più grave in questa guerra iniziata ormai oltre dieci anni fa). Il rapporto con i risultati dell’inchiesta avrebbe dovuto venir pubblicato ancora nel novembre scorso, ma poi si era “arenato”.
Già nei primi giorni dell’aprile 2022 Human Rights Watch aveva raccolto una trentina di testimonianza sul massacro. Da leader comunitari, commercianti, diplomatici stranieri ed esperti in materia di sicurezza. Moura, una cittadina di circa 10mila abitanti, era da tempo al centro di un’area colpita da violenze, uccisioni illegali e sfollamenti massicci.
Le violenze sui civili sono state commesse soprattutto da gruppi legati ad Al-Qaïda nel Maghreb islamico (AQMI) o allo Stato Islamico nel Grande Sahara (EIGS). Ma in parte anche dalle truppe governative e dalle milizie aggregate.
Human Rights Watch ha svolto accurate indagini soprattutto nella regione di Menaka, dove i civili assassinati sono stati centinaia (in maggioranza appartenenti ai nomadi fulani, conosciuti anche come peul). Raccogliendo le testimonianze di decine di abitanti che parlavano di un gran numero “uomini bianchi armati, non francofoni” partecipanti alle operazioni militari governative. Notizie confermate anche da testimonianze raccolte a Sofara, Ségou, Diabaly, Belidanédji e Mopti.
Presumibilmente si trattava russi (vedi gli accordi bilaterali tra governo di transizione del Mali e la Russia risalenti alla fine del 2021).
Fino all’arrivo dei soldati, Moura era totalmente sotto il controllo delle milizie jihadiste di AQMI che vi avevano imposto sia la tassazione (la “decima”, zakat) che la legge islamica (sharia).
Gianni Sartori
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