Un giornalista morto ammazzato, un altro rapito e misteriosamente scomparso nel nulla, una sempre più preoccupante radicalizzazione islamica e un allarme attentati sempre più impellente. Non stiamo parlando di uno dei territori minacciati dall’avanzare dello Stato islamico o di una nazione del nord Africa, sotto la perenne minaccia jihadista. Parliamo delle Maldive, uno degli arcipelaghi più spettacolari al mondo: 350mila abitanti sparsi sulla bellezza di 1.200 isole, alcune delle quali ancora oggi disabitate.
Eppure è proprio questo angolo di Paradiso a costituire, oggi, un focolaio di preoccupazione a causa del crescente fondamentalismo islamico. Lo scorso aprile ha destato scalpore l’uccisione di Yameen Rasheed, un blogger 29enne che aveva sollevato voci contro la crescente radicalizzazione del paese, ammazzato con 16 coltellate sulle scale della propria abitazione. Nell’ultimo articolo pubblicato sul suo blog appena 20 giorni prima di morire Rasheed denunciava, tra le altre cose, il fatto che il Ministero degli Affari islamici avesse giudicato ufficialmente come apostata Aishath Velezinee, ex membro della Commissione giudiziaria delle Maldive di cui aveva denunciato alcuni casi di corruzione. La polizia ha affermato che il caso potrebbe essere risolto a breve grazie all’esame delle telecamere a circuito chiuso fuori dalla sua abitazione, ma parenti e amici di Rasheed hanno dichiarato che, se non interverranno pressioni esterne, ci sono poche speranze che i colpevoli vengano davvero identificati. E non è la prima volta che un giornalista finisce nel mirino dei radicali. Già nell’agosto 2014 Ahmed Rilwan Abdulla, un reporter del quotidiano Maldives Independent, era stato rapito e mai più stato ritrovato. Come ha confermato il capo ispettore della polizia il giornalista sarebbe stato prelevato dalla sua abitazione e trasportato in un’automobile intestata a tal Aalif Rauf, identificato come membro anziano della Kuda Henveiru, una delle gang più temibili della capitale Malé, che unisce attività criminali con uno spiccato radicalismo islamico. Basti pensare che, solo nel gennaio 2015, una dozzina di membri di questa gang hanno lasciato le Maldive per recarsi a combattere in Siria.
E i membri delle gang, che spesso godono di preoccupanti amicizie politiche, non sono gli unici ad arruolarsi. Secondo un’analisi di The Soufan Group, agenzia privata che si occupa di sicurezza e intelligence, le Maldive sarebbero il paese che, in rapporto alla propria popolazione, fornisce il maggior numero di foreign fighters allo Stato Islamico di Siria e Iraq: circa 200 e il conteggio è aggiornato solo al maggio 2015. Come riporta un interessante approfondimento del New York Times il governo delle Maldive si sta ora impegnando ad affrontare la paura che nel paese avvengano attentati a danno dei turisti. Secondo alcuni esperti di antiterrorismo, infatti, non si può escludere che sull’isola in futuro avvenga un attentato simile a quello di Sousse, Tunisia, dove un uomo armato ha ucciso 38 persone in un resort sulla spiaggia. Per contrastare questo rischio il governo ha introdotto la prima legge sul terrorismo, chiedendo maggiore sicurezza per strutture ricettive, porti e aeroporti ma secondo alcune fonti interne di sicurezza il paese è ancora largamente impreparato ad affrontare questa minaccia. Negli ultimi anni sono per fortuna avvenuti solo episodi minori (come due rapine fatte da uomini armati e mascherati in due diversi resort), ma è ancora nella mente dei maldiviani l’attentato del settembre 2007 in cui una bomba esplosa nei pressi del Centro islamico di Malé ferì 12 persone.
Del resto il governo, presieduto dal 2013 da Abdullah Yameen Abdul Gayoom (fratellastro dell’ex dittatore Mahmoon Abdul, in carica dal 1978 al 2008), fa molto poco per fermare il radicalismo. Al contrario, con l’evidente sostegno di molti cittadini, ha introdotto nel paese una versione radicale della Sharia, con tanto di «peccati» introdotti nel codice penale, il quale prevede la pena di morte per le più svariate trasgressioni, come apostasia e adulterio. Una pena riservata esclusivamente ai cittadini delle Maldive che, per legge, devono essere rigorosamente musulmani sunniti, visto dal 2008 è fatto divieto costituzionale ai non musulmani di richiedere la cittadinanza. Inoltre nel 2016 il Ministero per gli Affari Islamici ha rilasciato una lista di prescrizioni di comportamento che i turisti devono tenere per non urtare l'(iper)sensibilità degli islamici: un precetto affermato durante un convegno dal titolo “Non superare i limiti imposti da Allah” durante il quale si è anche stabilito di rimuovere dai programmi scolastici ogni forma di insegnamento giudicato anti-islamico e il divieto di criticare i comportamenti di vita legati al fondamentalismo religioso.
di Matteo Borghi | Lanuovabq.it
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